
Cina presa sottogamba: che errore
L’industria automobilistica cinese galoppa e punta sull’Europa, il ventre molle dell’Occidente. Quando i libici acquisirono un pacchetto della Fiat, si scatenò un baccano. Ora che i cinesi hanno quote molto importanti in gruppi altrettanto importanti, vere e proprie bandiere dell’industria franco-tedesca, nessun clamore. I titoli ci sono stati, ma senza montare quel caso che il grande pubblico avrebbe notato. Dietro tale quiescenza c’è magari che per una volta la minaccia non arriva dagli USA, simbolo di un capitalismo mai accettato, sebbene ci viviamo e bene. Ma soprattutto, la Cina è il più grande mercato in espansione del mondo.
Da inizio secolo molta ricchezza creata là è stata scambiata con prodotti occidentali. Anche con la quota più grossa del debito pubblico americano, e questo forse una lampadina poteva accenderla. L’idea era che la supremazia industriale e finanziaria dell’Occidente non potesse essere messa in discussione, che la musica fosse cessata nell’89 e ognuno avrebbe mantenuto la sedia. Invece la musica continuava, solo che a suonarla non eravamo noi. A 20 anni dall’ingresso nel WTO, la Cina aveva una quota sul commercio mondiale di auto pari al 6% in importazione e appena dello 0,6% in esportazione. Come pensare che a Pechino stesse bene così? No, il piano elaborato dal capitalismo di Stato è ampio e disteso nel tempo. Nel lungo periodo, si punta ad annichilire il vantaggio tecnologico dell’industria motoristica europea, spostando quanta più parte sulla propulsione elettrica. Beninteso, dopo essersi accaparrati una quota fondamentale del cobalto e altre terre rare necessarie alle batterie. Per inciso e purtroppo, i cinesi non sono gli arabi. Nel breve, i grandi gruppi francesi e tedeschi si indeboliscono per finanziare una transizione verso le batterie che il mercato non accetta, aprendo le porte ai capitali cinesi.
Spesso si critica l’industria europea di non aver resistito a questo attacco, ma in verità non spettava a lei, essendo una questione di politica economica. L’UE avrebbe dovuto capire la posta in gioco e non inseguire un’ascetica salvezza del pianeta, che sta quasi del tutto fuori dall’Europa. Ma la politica di oggi non guida, segue. Da qui l’importanza dei media: far aprire gli occhi alla gente. Avercene, di media.
Articolo pubblicato su il Giornale, il 2 settembre 2020 a firma di Pier Luigi del Viscovo