
A CHI CONVENGONO GLI INCENTIVI
Acquistare una nuova macchina è bello. Se lo Stato ti dà una mano, di più. Ma i suoi aiuti economici sono davvero un affare?
Normalmente si guarda ai clienti che ne beneficiano. Ma nel mercato sono molti di più quelli che non riescono, perché non fanno in tempo o magari avevano appena comprato, perchè i fondi sono esauriti, alcune condizioni non sono soddisfatte o chissà quale altra ragione. Dunque, è lecito chiedersi se questi interventi spargano più felicità o risentimenti.
Saranno contenti almeno i costruttori e i venditori? Sì, ma anche no. Immaginiamo il mercato come un grande piano su cui i clienti avanzano verso il momento di cambiare macchina: all’inizio ci sono quelli che hanno appena acquistato, mentre alla fine troviamo coloro che da troppi anni guidano la stessa macchina e sono a un passo dal cambiarla. Se per un po’ il piano viene inclinato con un incentivo, alcuni clienti avanzano più rapidi verso l’acquisto, anticipando vendite che sarebbero arrivate comunque uno/due anni dopo. Dopo gli incentivi segue una contrazione delle vendite, con sofferenze economiche pari al giovamento goduto prima. Infatti, da alcuni anni i costruttori chiedono che i sostegni siano di lunga durata, in pratica un intervento strutturale con cui lo Stato rende più accessibile il prezzo delle macchine nuove. Che introduce alla vera questione: come si concilia con l’economia di mercato l’uso di soldi pubblici per alterare la domanda? Dipende dalle finalità.
Se si tratta di eliminare auto di trent’anni, inquinanti e poco sicure, può anche starci. Ma in quel caso, sono gli incentivi all’acquisto di un’auto nuova lo strumento? L’esperienza dell’ultimo quarto di secolo suggerisce di no. Pur stimolati, gli italiani non rottamano le auto vecchie, Euro0 e Euro1, probabilmente perché chi le guida non ha le risorse per l’acquisto di una macchina nuova, per quanto agevolato. Meglio allora dare incentivi per un’auto usata più recente, o addirittura solo per la rottamazione e poi il cliente compri ciò che vuole, incluso nessuna auto, visto che ne abbiamo 663 per ogni 1.000 abitanti, neonati inclusi.
Tornando ai soldi dei contribuenti, si dice che gli incentivi possano ripagarsi da soli, con l’IVA che le macchine in più portano nelle casse dell’erario. Perché non farli sempre e su ogni prodotto, allora? Perché non è così e non può esserlo. Tirarsi su per i lacci delle scarpe quasi mai funziona. Poniamo che normalmente si vendano 100 auto. Con un incentivo diventano 120. C’è un gettito IVA aggiuntivo da 20 macchine. Ma l’incentivo l’avranno preso anche molti dei 100 che avrebbero comprato comunque. Del resto, se fosse vero non si spiegherebbe la necessità del Governo di stanziare dei fondi per coprire il costo degli incentivi. L’ultima volta che sono stati divulgati i numeri veri degli incentivi, il Centro Studi Fleet&Mobility ha calcolato e pubblicato un esborso netto per l’erario di 1,2 miliardi di euro, approssimato per difetto. Inoltre, sappiamo che le vendite aggiuntive sono in buona parte anticipazioni di vendite future, che avrebbero dato lo stesso gettito IVA ma senza il costo dell’incentivo.
In ultimo, è opportuno anticipare altra domanda dei clienti, quando l’industria non produce abbastanza per soddisfare quella esistente? È vero che l’incentivo si applica all’ordine e non alla consegna, ma è altrettanto vero che grazie al poco prodotto i listini aumentano e gli sconti spariscono. In questa congiuntura, è giusto chiedere allo Stato di intervenire per abbassare il prezzo delle auto?
Articolo pubblicato su Quattroruote a febbraio 2022 a firma di Pier Luigi del Viscovo