
Calo delle permute, così i Dealer hanno perso il business dell’usato
Anche nella prima metà del 2014 le concessionarie continuano a perdere terreno nel mercato dell’usato. Lo sostiene uno studio dell’Osservatorio CarNext (società del Gruppo LeasePlan che gestisce l’usato), basato sull’analisi dei dati del panel di InterAutoNews, quelli che ogni mese leggiamo su queste pagine.
Incrociando i valori dello stock medio delle concessionarie con i giorni di giacenza (velocità di rotazione), emerge che nella prima metà dell’anno la concessionaria media ha viaggiato a un ritmo di vendite che per l’intero anno proietta 251 vendite, il 13% in meno di quelle del 2013, in un mercato dell’usato che viaggia intorno al -1%. Questo dato segue un trend che è iniziato nel 2007: rispetto ad allora, le concessionarie hanno diminuito le vendite di usato di circa 2/3, a fronte di una domanda calata del 20%.
Certo, si tratta di dati provenienti da un panel di concessionari, dunque da prendere con qualche prudenza, ma il fenomeno è talmente macroscopico e prolungato negli anni da risultare piuttosto aderente alla realtà.
Realtà che vede i concessionari troppo dipendenti, nel business dell’usato, dalle permute sulle vendite del nuovo: crollate queste, si sono trovati con poco prodotto usato da offrire. Questi sono i dealer rimasti ancorati a un modello superato, che concentra l’attenzione sul nuovo e vede l’usato quasi come un problema, ma non sono tutti. Ce ne sono di più avanzati, che invece hanno capito da tempo come l’usato può essere una fonte di profitto importante, che l’usato può essere gestito in autonomia, senza dipendere dalla Casa, che il magazzino va rifornito con acquisti mirati, senza attendere solo le permute.
Negli ultimi anni le Case sono intervenute concretamente per aiutare le reti, destinando loro l’usato proveniente dal buy-back dei noleggi, anche fino al 100%, come conferma Angelo Simone, responsabile flotte e remarketing per Peugeot e Citroen: “La nostra regola d’oro è di stabilire contrattualmente il ritiro di tutte le vetture vendute ai noleggiatori a breve, ma ci sono casi in cui proponiamo il buy-back anche dopo tre/quattro anni perché sul prodotto ci crediamo. Lo facciamo perché vogliamo aumentare ricavi e margini della rete.”
Le Case sono consapevoli dell’importanza di non privare le loro reti di questa importante fonte di business, più degli stessi operatori. Tanto che ancora oggi sono i costruttori a dover incentivare i dealer a ritirare l’usato: accompagnare con un premio in denaro le vendite che contengono una permuta è la prassi per molte campagne. E questo la dice lunga sull’attenzione che molti concessionari riservano a questa parte del business. Per dirla tutta non è tanto che i dealer non comprendano l’importanza dell’usato, quanto piuttosto che non concordano – non tutti almeno – di doversene occupare prioritariamente e massicciamente. Quando hanno accettato i mandati di concessione, l’hanno fatto per vendere auto nuove, avendo relazioni di fornitura con una sola grande multinazionale, di cui potersi fidare, e offrendo ai clienti prodotti nuovi, senza alcun difetto e comunque garantiti dalla Casa, acquistati a condizioni pre-definite, in competizione con altri signori che propongono lo stesso prodotto. L’usato non è affatto così. I fornitori sono molteplici, decine, e non sempre gli stessi. I prodotti non sono assolutamente uguali, anzi sono tutti diversi, per età, chilometri e stato d’uso, e i clienti possono facilmente contestare che qualche cosa sia stata nascosta. Ma soprattutto, quello che davvero non piace a tanti concessionari è il fatto di trovarsi a competere con tanti venditori di usato, non sempre specchiati e quasi mai comparabili come livello di servizio. Insomma, concessionari sì, venditori di automobili no.
Poi c’è anche l’altra faccia della medaglia, che non riguarda le strategie commerciali della concessionaria, quanto piuttosto le sue capacità finanziarie e gestionali. “Il business dell’usato è molto complesso e richiede abilità manageriali e capacità finanziarie molto particolari, – afferma Franco Oltolini, operations director di LeasePlan Italia e tra i massimi esperti del settore. Le leve più importanti di questo business sono le seguenti: un’efficiente gestione del costo d’acquisto e di ritiro dei veicoli alla quale va abbinata una considerevole capacità finanziaria; una politica di assortimento che soddisfi la clientela sia per ampiezza dell’offerta (numero di modelli di auto proposti), sia per profondità della stessa (numero di versioni e allestimenti); una capacità di vendita e di rotazione dello stock dei veicoli che garantisca i risultati finanziari ed economici prefissati”.
Lo stock medio della concessionaria nella prima metà dell’anno è stato di 57 pezzi, rispetto ai 66 del 2013 e ai 178 del 2007. Reggere un tale magazzino è un onere che forse non molti dealer oggi possono sostenere, vittime come sono del credit crunch imposto dal sistema bancario, e dovendo comunque riservare le scarse capacità agli impegni assunti con le Case. Si potrebbe osservare che girare il magazzino a 83 giorni, seppure meglio dei 93 del 2007, non è ancora sufficiente. Ma questo dipende in larga misura dall’assortimento, che il dealer deve pilotare, non subire: il che riporta al punto uno.
Articolo pubblicato su InterAuto News di ottobre 2014 a firma di Pier Luigi del Viscovo