C’è fame di usato, concessionari in tilt

 In Bollettino, Usato

Non riescono a soddisfare la domanda perchè il loro approvvigionamento è legato alla permuta che scarseggia a causa del fiacco mercato del nuovo. In soccorso le case automobilistiche con mezzi dal buy-back del rent a car. 

Cresce, anche se di poco, il mercato dell’auto usata. Tra gennaio e ottobre di quest’anno sono stati registrati quasi 3 milioni e mezzo di trasferimenti di proprietà di veicoli, in aumento dell’1,43 per cento rispetto allo stessoperiodo del 2013. Si vendono soprattutto macchine della Fiat, oltre un quarto del totale (890mila), seguite da quelle di Volkswagen (225mila) e Ford (217mila). La crisi economica ha spinto molti italiani verso l’usato anziché verso l’utilitaria nuova di zecca, il rovescio della medaglia secondo gli esperti è però che le concessionarie si sono trovate a corto di veicoli di seconda mano. Colpa del meccanismo che alimenta questa parte del mercato. Il prodotto arriva ai rivenditori soprattutto per via delle permute e quindi degli italiani che lasciano le auto vecchie per comprare quelle nuove. Ma con la crisi e il conseguente calo delle vendite di auto nuove, anche le vetture di seconda mano hanno iniziato a scarseggiare nelle concessionarie. Solo in questi ultimi dieci mesi c’è stato un lieve recupero del numero delle immatricolazioni di auto nuove, che ha superato il milione, in crescita del 4% rispetto al 2013. Eppure l’offerta delle concessionarie non riesce ancora a soddisfare la domanda. Così questi rivenditori perdono terreno. «E moltissime transazioni — spiega Gian Primo Quagliano presidente del Centro Studi Promotor — avvengono direttamente tra privati e privati o con l’intervento di commercianti specializzati ».

Uno studio CarNext (società del Gruppo Lease-Plan) ha mostrato come, dal 2007 a oggi, le vendite di usato nelle concessionarie siano calate di circa due terzi, a fronte di una domanda scesa di nemmeno un terzo (20%). «Il problema — conferma Pier Luigi Del Viscovo, professore di Sistemi di distribuzione e vendita alla Luiss — è che questi dealer sono troppo dipendenti, nel business dell’usato, dalle permute sulle vendite del nuovo». Secondo gli analisti, molti concessionari sono rimasti ancorati a un modello di business superato. Solo pochi hanno capito davvero che l’usato — che valeva 19,8 miliardi nel 2013 — potrebbe portare maggiori ricavi, addirittura doppi, ed essere gestito senza attendere lo scambio tra la vecchia auto e la nuova. Concetto afferrato invece dalle case automobilistiche. «Molte aziende dell’auto — spiega Del Viscovo — in questi anni sono intervenute per aiutare i concessionari, destinando loro l’usato proveniente dal buy-back dei noleggi del rent-a-car, consapevoli dell’importanza di questo business, più degli stessi operatori ». Il problema è che i concessionari non ritengono ancora l’usato il vero core business. Si tratta poi di un mercato molto più complesso rispetto a quello del “nuovo”. Richiede abilità manageriali, un’efficiente gestione del costo d’acquisto e di ritiro dei veicoli, un’ampia offerta e buone capacità finanziarie. «I fornitori sono molteplici — sottolinea Del Viscovo — I prodotti sono tutti diversi, per età, chilometri, stato d’uso, e i clienti possono contestare eventuali difetti». I venditori di usato sono poi davvero tanti, a partire dalle aziende del noleggio a lungo termine, che come la stessa associazione di categoria Aniasa spiega nel suo rapporto, sempre più spesso vendono su web “direttamente ai privati”. E quello che davvero non piace a tanti concessionari è il dover competere con i commercianti di ogni tipo. «Concorrenti non sempre trasparenti — conclude il docente — e quasi mai comparabili come livello di servizio».

Articolo pubblicato su  Affari&Finanza – inserto de La Repubblica – il 1 dicembre 2014 a firma di Stefania Aoi

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