Comprare a rating, così cambia l’auto.

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Comprare a rating. La parola magica, la regola aurea da qui al 2020 è questa, o almeno questo è quanto affermato, in occasione della presentazione del volume “Marketing & Sales 2020”, dai top manager coinvolti in uno studio previsionale sui comportamenti dei consumatori e delle imprese, ideato e coordinato da Domenico De Masi e Pier Luigi Del Viscovo, della LUISS.
Secondo gli esperti, i processi d’acquisto, da qui ai prossimi 6-7 anni, saranno caratterizzati da influenzatori sconosciuti e anonimi, e si concretizzeranno nei “rating”, ovvero in quelle statistiche basate sul numero di “like e dislike”, calcolati attraverso il monitoraggio dei social network.

“Gli influenzatori degli acquisti – spiega Del Viscovo  – sono figure ben note agli esperti di marketing, e in futuro saranno rappresentati non da un ristretto numero di conoscenti ma da una moltitudine di persone con gusti e preferenze sconosciute, il cui giudizio sintetico, espresso con un voto, andrà a confluire in un “rating”. E il tutto sarà disponibile in tasca, visualizzabile con l’aiuto di un semplice smartphone”.

La ricerca è durata alcuni mesi durante il quali, utilizzando una variante del metodo Delphi messa a punto proprio da De Masi, gli studiosi hanno elaborato le loro previsioni da qui al 2020. Dai risultati è emerso che, nei prossimi anni, i consumatori si muoveranno ancor più velocemente e in tante direzioni, facendo convivere comportamenti definiti

“giurassici” (l’attrazione per la marca e per i prodotti premium e di alta gamma) con quelli tipici della generazione digitale, orientata alla funzionalità, al prezzo più basso e all’accesso più che al possesso.

Le imprese arrancheranno col fiato corto dietro a queste nuove tendenze, tanto da esser state definite “attardate”. “Ma non è solo questione di velocità –  continua Del Viscovo  – dato che è stato sollevato più di un dubbio sulla validità dell’attuale modello di marketing, basato sull’adattamento dell’offerta ai bisogni e ai comportamenti dei consumatori. È stato ipotizzato invece uno scenario in cui, piuttosto che inseguire un cliente sempre più mutevole e meno raggiungibile, l’impresa si concentri su un’offerta ben definita, perfezionandola costantemente nella qualità e nel format di distribuzione. Credo che le “app”, in questo senso, siano un buon esempio. In un format comune modernissimo, c’è quella per le steak house e quella per i vegetariani. Ecco, non mi sorprenderei se nei prossimi anni le proposte commerciali delle imprese somigliassero alle app”.

Articolo pubblicato su La Repubblica.it il 17 maggio 2014 a firma di Sara Ficocelli

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