Dieselgate, serve rigore ma anche equità nel giudicare Volkswagen

 In Bollettino, Nuovo

Est modus in rebus, dicevano i Romani. De che stamo a parla’? Dicono oggi. Alcune brevi considerazioni per chi volesse restare in equilibrio di fronte al dramma Volkswagen. Gli altri possono abbandonarsi al piacere del vento.

Uno. L’industria automobilistica ha vissuto altri scandali, negli anni. Pochi anni or sono, un difetto nel sistema impediva di decelerare e si andava a sbattere. Prima ancora, un tamponamento sulle luci posteriori trasmetteva una scintilla che provocava l’incendio dell’auto. Ancora, l’apertura inopportuna dell’airbag causava incidenti. Risultato: decine di vittime. Vittime nel senso di morti. Una differenza oggettiva con questa vicenda è che – fortunatamente – non si è fatto male nessuno. Questa è una buona notizia. 150924 PLDV Diesel-gate - Motori24 original

Due. L’altra differenza, meno oggettiva seppur degna di nota, è che negli altri casi si trattava di difetti inconsapevoli, mentre qui siamo in presenza di una manomissione voluta. Se così fosse, sarebbe la distanza che passa tra la colpa e il dolo. Se.

Tre. Fin qui i fatti. Ora vediamo le conseguenze. Oggettivamente, indiscutibilmente, le auto in questione inquinano ‘molto di più’ del ‘molto poco’ dichiarato. Quanto esattamente? Farebbe piacere saperlo. Certamente di più delle auto in circolazione. O no? No, forse no. Forse le auto in circolazione – che sono un multiplo pari a 20/30 volte quelle che si immatricolano ogni anno, secondo i Paesi – inquinano comunque di più.

Quattro. Ma non è questo il punto. Giusto. Il punto è la fiducia tradita. Di fronte alla fiducia, tutto diventa soggettivo. Non resta nulla di oggettivo. Nulla, salvo il fatto che l’industria automobilistica ha ridotto le emissioni inquinanti in modo massiccio negli ultimi vent’anni, come nessun altro settore. Eppure non ce la fa a stare dentro dei parametri forse fissati con troppa leggerezza – e magari uno spruzzo di ideologia, così, giusto un flavour. Fissati da quella stessa politica che non vuole e non riesce a risolvere le cause forti dell’inquinamento, ossia il traffico congestionato e la mancanza cronica di parcheggi che costringe le auto a circolare di più per trovarne uno. Per tacere dell’inquinamento prodotto dai bruciatori del riscaldamento condominiale.

Cinque. In conclusione, gli sbagli – e questo lo è – vanno giudicati, condannati e puniti, senza SE e senza MA. Con equità e senza livore. Non c’entra nulla che lo sbaglio venga da una nazione meno simpatica a qualcuno. Non è certo poi la rivincita per altri rospi ingoiati, ci mancherebbe altro. Senza tener nemmeno conto che centinaia di migliaia di lavoratori – diretti e nell’indotto – non hanno preso parte allo sbaglio. La pena va eseguita. Una pena che sia commisurata al danno. Anzi, ai danni. E già, perché qui ci sono due danni. Uno materiale: le auto inquinano di più del previsto. Non dovrebbe essere difficile calcolare quanto vale un danno del genere. Vediamo. Assumiamo di voler vendere un motore Euro 4 al posto di uno Euro 5: a che prezzo il cliente comprerebbe? Al 10/20% di meno? Ma è un’ipotesi accademica, visto che nessun cliente accetterebbe. Ne siamo tutti consapevoli, come no? Allora il danno sarebbe pari all’intero importo del veicolo. Che però a quel punto dovrebbe essere restituito al costruttore. Sembra una buona soluzione, anche se nel frattempo chi ha comprato una Euro 4 come tale, ossia dichiarata, resta libero di girarci per altri vent’anni fino alla rottamazione. Ma questo è il danno facile. Quello davvero difficile da quantificare è il tradimento della fiducia. Che però abbiamo detto essere soggettivo. Le donne e gli uomini lo conoscono bene, il tradimento, perché se lo praticano a vicenda con allarmante frequenza. Spesso si viene puniti, e giustamente, aggiungerei. Alle volte segue la rottura definitiva. Ma non sempre. Uno pensa: ci sono i figli. Centinaia di migliaia, di figli.

Articolo pubblicato su Motori24, Il Sole 24 Ore, del 24 settembre 2015, a firma di Pier Luigi del Viscovo

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