
Ecotassa: il «no» di costruttori e consumatori. Ok al bonus per elettriche e ibride plug-in
L’obiettivo di molti esponenti del sistema automobilistico in questi giorni è di evitare che sia confermato al Senato l’emendamento 79bis della legge finanziaria (bonus-malus sulle emissioni di CO2 g/km delle nuove autovetture) che di fatto impone un prelievo extra a carico delle famiglie e delle imprese intorno ai 400 milioni di euro.
Dopo l’incontro di ieri con il Ministro Di Maio, questa tassa potrebbe venire ridimensionata, rimuovendo al tempo stesso l’incentivo per le auto ibride e a metano (finanziato appunto col prelievo sulle altre vetture) e lasciando solo quello (molto forte: 6.000 e 3.000 euro) per le auto elettriche e ibride plug-in.
Ma vediamo quali sono state le principali raccomandazioni portate all’attenzione del Ministro e del vice-Ministro Galli. C’è stato un coro quasi unanime a favore dell’obiettivo di ridurre sensibilmente le emissioni inquinanti (polveri, ossido di azoto e idrocarburi incombusti) e quelle clima-alteranti (CO2) del parco circolante italiano.
La strada indicata dal presidente dell’ACI Sticchi Damiani è di incentivare chi rottama una vecchia Euro 0/1/2 e 3 sostituendola con una usata fresca, Euro 4/5 e 6. Proposta avanzata anche da Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, con un documento predisposto dal Centro Studi Fleet&Mobility e illustrato al Ministro, nel quale si osserva che le auto del secolo scorso (Euro 0/1 e 2) sono 9 milioni e vengono radiate a un ritmo di mezzo milione all’anno, tanto che impiegheremmo in condizioni normali 18 anni ad eliminarle tutte.
Federauto, l’associazione dei concessionari d’auto, ribadendo la priorità di rottamare il vecchio parco circolante, ha tradotto in numeri economici l’impatto del provvedimento, così come validato dalla Camera. Poiché di fatto l’opzione delle auto elettriche è limitata dalla mancanza di infrastrutture e dalla scarsa offerta di prodotti, almeno 150.000 consumatori rimanderebbero l’acquisto, portando a una perdita di circa 15.000 posti di lavoro nella sola distribuzione.
Una realtà scomoda, richiamata anche da FCA, che ha fatto notare come allo stato dei fatti sarebbero pochissimi (una decina) i modelli che beneficerebbero degli incentivi, a fronte di tutto il resto dell’offerta che sarebbe penalizzata. In termini tecnici, poi, FCA ha ribadito che il prossimo sarà un anno di transizione per il passaggio dalle norme di omologazione NEDC a quelle WLTP, con conseguente confusione nella rilevazione dell’esatto livello di emissioni di CO2, suggerendo al Governo di considerare lo slittamento del provvedimento in avanti al 2020, aggiungendo che sarebbe anche il caso di rivolgere l’attenzione alle sostanze inquinanti, visto che sul fronte della CO2 l’industria è già su posizioni molto buone.
Pure Confindustria ha affermato che il provvedimento di bonus/malus rallenterebbe, anziché stimolare, il ricambio del parco circolante, perché l’accelerazione verso i modelli elettrici è in anticipo sui tempi, non essendo ancora pronta l’offerta dei costruttori, che al momento dispongono di una gamma ridottissima di modelli, e non essendo disponibile una rete infrastrutturale (colonnine) sufficiente.
Michele Crisci, presidente dell’Unrae, l’associazione dei costruttori esteri, ha ribadito che tassare le immatricolazioni di auto Euro 6d senza un piano per la rottamazione sarebbe completamente inefficace per l’ambiente, mentre produrrebbe un calo sensibile delle vendite, intorno ai 2,5 miliardi di euro, dentro cui ci sono oltre 400 milioni di IVA, che verrebbero a mancare. La strada verso l’elettrificazione, secondo l’Unrae, non può che passare dalla dotazione di colonnine, nell’ordine di 35.000 all’anno nei prossimi tre anni, il cui investimento andrebbe incentivato fiscalmente.
Verso il termine dell’incontro, alla disponibilità del Ministro di ricevere proposte e osservazioni per modificare l’emendamento, il vice-ministro Galli ha osservato che il fenomeno va guardato in modo ampio, visto che l’auto elettrica produce meno emissioni allo scarico, ma se poi l’elettricità è prodotta col carbone o con altri fossili l’impatto sull’ambiente è solo delocalizzato, cosa inutile visto che il pianeta è uno solo. Ha anche aggiunto come sia importante trovare un sistema per rottamare la parte più vecchia del parco circolante e quanto sia necessario, per gli interessi nazionali, tener conto sia del fatto che FCA ancora non produce un’auto elettrica e sia dell’industria che ruota intorno alla produzione di batterie, se non si vuole dipendere dalle forniture cinesi.
Ma le conclusioni sono state poi tirate dallo staff del Ministro, che ha indicato come la riduzione delle tasse sulle auto termiche potrebbe aver luogo solo rinunciando al bonus per quelle ibride e a metano. Sono queste infatti a esprimere volumi importanti (oltre centomila unità all’anno) e ad assorbire la gran parte delle risorse dei contribuenti: quasi 200 milioni, secondo le stime del Centro Studi Fleet&Mobility. L’incentivo dunque potrebbe restare per le elettriche e le ibride plug-in, circa 9.000 auto in tutto, che sarebbe un mero segnale della direzione futura. Ma è tutto da vedere nelle prossime ore, poiché l’impianto economico dell’emendamento punta a recuperare dalla tassazione sul grosso delle auto i soldi per agevolare i compratori di vetture elettrificate, per quanto poche possano essere. Però dai calcoli emerge che questi conti siano stati fatti senza l’oste, il consumatore, che restando fuori dal mercato farebbe mancare parte degli introiti attesi e produrrebbe anche un buco di IVA rilevantissimo.
Articolo uscito su Il Sole 24 Ore il 12 dicembre 2018 a firma di Pier Luigi del Viscovo.