Federaicpa. Pavan (Fiat) succede a Malagò

 In Società

Cambio al vertice di Federaicpa. Dopo 22 anni Vincenzo Malagò lascia la carica di presidente a Filippo Pavan Bernacchi, capo dell’associazione dei concessionari Fiat, al quale abbiamo rivolto alcune domande.

Che ne pensa del teatrino degli incentivi?

“Siamo alla pazzia totale. Per le questioni Termini Imerese o Pomigliano ho letto delle dichiarazioni, rilasciate da politici, sindacalisti e altri, semplicemente fuori luogo. E cioè: «Boicottiamo la Fiat. Facciamo un appello affinché non si comprino più le vetture Fiat. Boicottiamo le concessionarie Fiat.» La prima cosa che questi signori devono considerare è che boicottare la Fiat significa mettere sul lastrico decine di migliaia di lavoratori che dipendono dai concessionari, che a loro volta sono liberi imprenditori, indipendenti dalla Casa, e si devono districare in una situazione già devastante. Negli ultimi 10 anni hanno chiuso il 50% dei concessionari, che sono aziende italiane, che garantiscono la mobilità ai clienti con l’assistenza e i ricambi, che impiegano decine di migliaia di addetti e pagano le tasse. E vale per i concessionari di tutte le marche commercializzate in Italia. Inoltre dipendenti e collaboratori dei concessionari quasi sempre non godono di nessun ammortizzatore sociale. E quindi è paradossale che per “aiutare” alcuni lavoratori, che comunque vanno assistiti e per i quali bisogna ricercare delle soluzioni, se ne sacrifichino mille volte di più.

Ma se si danno gli incentivi, la Fiat deve garantire l’occupazione, o no?

È il momento di uscire da un altro luogo comune: la Fiat, in Italia, non è più l’intero comparto automobilistico. E infatti le auto vendute riconducibili alla casa torinese sono circa 30 su 100. Ne consegue che il 70% circa degli incentivi alla rottamazione è finito nelle casse dei costruttori esteri. Ma va benissimo perché abbiamo una migliore qualità dell’aria e vetture più sicure. Entrambi obiettivi che ricadono positivamente sulla salute pubblica e sui costi della sanità presenti e futuri. E quindi, con queste cifre in ballo, non si può parlare di “incentivi all’auto”, come di “incentivi alla Fiat”. Chi lo afferma sbaglia di grosso.

Ma la tutela dei lavoratori degli stabilimenti resta un problema reale.

“Questo è il vero problema, complesso e articolato, che prima o poi bisogna affrontare. In Europa si producono ogni anno circa 2.000.000 di auto in più rispetto a quanto il mercato può assorbire. Questo devasta i concessionari e i loro bilanci perché, essendo a valle della filiera, si trovano con stock incredibili e disassortiti, spesso auto-immatricolati, che devono comunque pagare alle Case. E come si può, nel mondo della globalizzazione, far tornare a produrre le auto in Italia, o in Europa? Non è facile perché i clienti pretendono il prezzo più basso e questo si ottiene collocando le fabbriche dove il costo del lavoro è contenuto, le regole per l’ambiente e per i lavoratori sono scarne o disattese, e gli Stati in via di sviluppo sono propensi a qualunque tipo di elargizione pur di catalizzare gli investimenti.

Tutto giusto. Ma cosa propone di concreto ai lavoratori di Termini Imerese?

“Bisogna che i diretti interessati e lo Stato si impegnino a riconvertire gli stabilimenti, in un periodo medio-lungo. Poi occorre decidere, con le istituzioni dell’Unione Europea (come già fatto negli anni ’70 per il settore dell’acciaio), cosa vogliamo fare per tornare a produrre in Europa. Ma produrre in base a quello che il Mercato può ragionevolmente assorbire, non a prescindere, per tenere in piedi delle fabbriche che non servirebbero.

Non crede che la Federaicpa debba uscire allo scoperto sulle analisi e sulle previsioni del mercato? Dopo tutto, molti si sforzano di farlo (anche noi) ma nessuno ha il contatto diretto con la domanda dei consumatori come voi.

“Il mio predecessore Malagò aveva già avviato un progetto in tal senso, che intendo riprendere e portare a termine perché si tratta di un’esigenza vera.

La Commissione Europea aveva previsto una specializzazione dei rivenditori nell’attività di vendita, separandosi eventualmente dalle strutture che invece danno assistenza (e ricambi). Finora non è andata così. Lei nel futuro vede possibile – affianco al modello attuale – anche un altro modello di concessionaria, fortemente specializzata solo sulla vendita?

“Francamente no. Anzi, auspico che l’assetto della concessionaria resti quello attuale, nel quale oltre a vendere fornisce anche i servizi di assistenza e ricambi, perché credo che il cliente vada seguito a 360°. Non riesco a immaginare un modello in cui un soggetto vende e un altro dà l’assistenza, perché comporterebbe un disservizio incredibile. Il cliente vede nel soggetto che vende il referente per tutti i problemi, e noi dobbiamo vendere la soluzione dei problemi, che non può essere fatta spezzettando la catena del valore, anzi, è proprio il contrario.

Multi-marchismo. Se ne parla da anni ma ancora non si vede. Ci sono società e gruppi che hanno più mandati, ma non siamo ancora arrivati al venditore che offre al cliente due brand concorrenti (anche quando questi fanno capo allo stesso costruttore). Lei pensa che sia giusto arrivarci?

“Non ho una risposta univoca, perché molto dipende dalla realtà della singola concessionaria, dalle risorse finanziarie che ha e dalle competenze manageriali che riesce a esprimere. Il multi-marchismo è un’opportunità, ma per alcuni può anche essere un rischio incredibile, perché non sono in grado di gestirlo.

Abbiamo ascoltato solo commenti positivi, cui ci uniamo, alla nomina di Pavan Bernacchi, eletto con l’80% delle preferenze, il che la dice lunga sulla coesione dell’associazione e la voglia di affrontare in modo unito le sfide del mercato.

Il past President Vincenzo Malagò, concessionario Ferrari e Maserati in Roma, ha dichiarato la sua disponibilità ad assistere il nuovo presidente nella sua azione.

Della nuova squadra fanno parte anche i Vice-Presidenti Mario Beretta (VW-Audi), Oreste Ruggeri (Peugeot, Citroen) e il Consigliere Amministratore Piero Barbuscia (Mercedes).

Federaicpa è costituita da 20 Associazioni di Marca, per un totale di circa 2.300 imprese che rappresentano l’80% delle reti distributive presenti in Italia.

Il sistema associativo prevede che alle Associazioni di marca sia riservata la competenza su tutte le problematiche specifiche della marca rappresentata, lasciando alla Federazione la funzione di rappresentanza nei confronti delle Istituzioni nazionali, dell’Unione Europea e di altre organizzazioni ed enti.

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