Fiat. Report. Bonora risponde

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Caro Pier Luigi,

ti ringrazio dell’opportunità che mi offri prendendo lo spunto dalla puntata che “Report” ha dedicato nei giorni scorsi alle vicende Fiat. In un lungo articolo sul quotidiano “il Giornale” ho espresso il mio parere su come la trasmissione ha trattato il risanamento della Fiat, la cui evoluzione ha portato il gruppo torinese a portarsi a casa addirittura la Chrysler. Un’operazione che lo stesso amministratore delegato Sergio Marchionne ha definito determinante e vitale ai fini della competitività del gruppo automobilistico e del suo sviluppo futuro. Dubbi e perplessità su come Milena Gabanelli ha condotto e organizzato “Report”, programma che ha solamente cercato di mettere in luce gli aspetti negativi, o presunti tali, dell’iter che ha condotto alla rinascita del Lingotto (per non parlare dei tentativi di far passare lo stesso Marchionne come evasore fiscale e ridicolizzare il giovane presidente John Elkann), come detto, li ho espressi su “il Giornale”. Per farla breve, concordo sulle “troppe omissioni e superficialità” nonché sulla “mancanza di conoscenza e competenza per trattare molti temi” che hai palesato nella lettera aperta a cui sto rispondendo.

Vorrei invece soffermarmi con alcune considerazioni, nella mia veste di presidente della Uiga, quando scrivi che “un servizio del genere avrebbe dovuto coinvolgere un giornalista dell’auto” e che “questo non è accaduto e non accade mai, o quasi”.  Aggiungi anche che “è legittimo criticare i colleghi che si cimentano su questo terreno, ma è altrettanto lecito domandarsi se non ci siano delle precise responsabilità da parte dei giornalisti del settore”.

Ebbene, caro Pier Luigi, fatto salvo che la trasmissione è curata dalla Gabanelli e va in onda su Rai Tre alla luce di accordi e di una precisa programmazione aziendale (è lei che decide i contenuti, chi intervistare e chi coinvolgere, come nel caso dell’ex direttore di “Quattroruote” Mauro Coppini), la tua affermazione tocca un nervo scoperto. Hai ragione quando sostieni che “si versano tonnellate di inchiostro per narrare, spesso inutilmente, dell’ultimo Airbag o di quanta velocità sia disponibile oltre i 130 orari”.

Ti rispondo, allora: c’è troppa superficialità. Le case automobilistiche, attraverso i rispettivi uffici comunicazione-marketing (ormai sono una cosa sola) tendono a “formare” il giornalista preposto a seguire questo settore solo su certi aspetti riferiti al prodotto nudo e crudo. Ecco allora che il collega, bombardato da tutte queste nozioni, molte delle quali comunque utili e importanti alla luce dei problemi relativi alla sicurezza e alle emissioni, rischia di rimanere scoperto su altri fronti: occupazione, economia, politica ambientale, legislazione. Mai come ora, vista la sua trasversalità, il settore dell’auto (o meglio della mobilità), impone da parte di chi lo segue una conoscenza a 360 gradi della tematica. Il rischio, infatti, è che quando alle riunioni di direzione di un quotidiano si decide di affrontare un argomento automobilistico, anche di prodotto, il compito sia affidato a un collega completamente a digiuno di informazioni, il quale risolve il problema affidandosi alle agenzie (magari scritte da altrettanti bravi colleghi purtroppo “non sulla notizia”) o cascando nel trappolone delle strumentalizzazioni da parte di chi ha interesse a far passare un certo di tipo di messaggio (negativo) sul mondo dell’auto.

Si rende quindi necessario un maggiore impegno dei colleghi che si occupano di automotive in direzione di una conoscenza più approfondita del settore e alla ricerca di un “peso” maggiore, e meritato, all’interno delle redazioni con cui collaborano. Insomma (e questo concetto lo ripeto in tutte le occasioni di confronto con i colleghi della Uiga): il giornalista che segue l’auto deve una volta per tutte alzare la testa, dimostrare che oltre a essere un bravo “tecnico dell’informazione di settore”, è capace di guardare oltre, e di seguire l’evoluzione veloce di questo settore in tutte le sue sfaccettature. Deve, insomma, diventare il punto di riferimento del media in cui lavora o collabora nel momento in cui la direzione decide di affrontare, con inchieste e servizi, temi di sua competenza. Più attenzione, dunque, a quanto succede intorno, e meno propensione a partecipare a eventi di scarso o nullo contenuto, motivati da pure esigenze di marketing da parte dei costruttori. E’ giunto il momento di lanciare chiari messaggi a chi organizza eventi e trasferte “perditempo”: i giornalisti dell’auto non sono “numeri” o semplici casse di risonanza, ma veri professionisti impegnati a informare l’opinione pubblica sulle dinamiche di un settore di cui l’economia e il vivere civile non possono fare a meno.

E rifacendomi all’inizio della tua lettera, solo giornalisti preparati a 360 gradi potranno dare all’opinione pubblica il quadro reale della situazione, senza strumentalizzazioni o condizionamenti. Il rischio, altrimenti, è di restare semplici “casse di risonanza”. Personalmente non lo accetto.

Grazie dell’ospitalità e dello spazio che mi hai concesso.

Pierluigi Bonora

Presidente Uiga

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