Fiat. Report. Lettera aperta a Bonora.

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Caro Pier Luigi, ti scrivo in qualità di Presidente dell’UIGA, dopo aver visto il servizio di Report dedicato alla Fiat di Marchionne, su cui credo sia opportuno condividere alcune riflessioni.

Comincio dai limiti del servizio.

Non c’era la notizia. Nel senso che tutti gli approfondimenti (o presunti tali) non portavano a far emergere alcun quadro definito. Si trattava piuttosto di un collage mal fatto di informazioni, raccolte e riportate in modo erratico, a cui si cercava di attribuire un senso diverso, che però è restato in buona parte celato. Credo per la professionalità giornalistica della Gabanelli, che non ha arrischiato conclusioni non suffragate da nulla. Del resto, la sua conclusione è stata piuttosto un generico “noi staremo a vigilare”. Su cosa? Non è dato sapere.

Non si capiva il titolo, l’inizio dell’indagine. Dei fatti illeciti? No. Dei fondi pubblici di cui dar conto? Nemmeno. Una dichiarazione di Marchionne su miliardi di investimento in Italia. E allora? Poi dentro con il nuovo contratto di lavoro e con gli incentivi. Argomenti appena sfiorati, giusto per aiutare il telespettatore a formarsi quella opinione che non può essere dichiarata perché non supportata dai fatti.

Mancavano la conoscenza e la competenza per trattare molti dei temi. Non basta essere onesti giornalisti per affrontare temi complessi, che devono essere resi chiari al grande pubblico. Per tacere degli esperti intervistati: imbarazzanti per incompetenza oppure per eccessiva parzialità (fortunatamente manifesta).

Troppe omissioni e superficialità. Un tema come l’operazione fatta “dopo” il convertendo, che ha riportato la famiglia sopra il 30%, buttata lì così, senza spiegare. Nessun accenno all’affare Opel, gravido di responsabilità politiche, non solo in Italia.

In conclusione, è stato davvero spiacevole. Stimo molto il lavoro e la professionalità della Gabanelli, ma dopo questo servizio – valutato alla luce di conoscenze specifiche derivanti dal mio lavoro – mi chiedo se non siano altrettanto approssimativi e parziali anche gli altri servizi, sui quali non riesco a giudicare nel merito. Sarebbe davvero un peccato.

Ma perché rivolgo a te questo cahier de doléances?

Perché è indubbio che un servizio del genere avrebbe dovuto coinvolgere un giornalista dell’auto. Questo non è accaduto e non accade mai, o quasi. Dunque è legittimo criticare i colleghi che si cimentano su questo terreno, ma è altrettanto lecito domandarsi se non ci siano delle precise responsabilità da parte dei giornalisti dell’auto. È mai possibile che si versino tonnellate di inchiostro per narrare – spesso inutilmente – dell’ultimo airbag o di quanta velocità sia disponibile oltre i 130 km/h possibili? Perché è di questo che vogliono parlare i costruttori, che pagano le pubblicità e le trasferte? Quando poi si tratta di fatti importanti, quali l’economia, i mercati e l’occupazione, si passa la mano ai colleghi dell’economia (quando va bene), oppure si fa semplicemente da cinghia di trasmissione, senza peritarsi di verificare la veridicità delle notizie.

E allora? Ti esorto, per la stima che tanti insieme a me ti portano, a favorire lo sviluppo delle competenze e delle conoscenze che mettano i giornalisti dell’auto in condizione di coprire tutto il settore, non solo la conta dei pistoni.

Ti ringrazio per l’attenzione e per quanto potrai fare.

Credimi, tuo Pier Luigi del Viscovo

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