Flotte, il nodo resta il fisco

 In Bollettino, Noleggio

Il mercato dell’auto aziendale in Italia è sottodimensionato a causa di un trattamento fiscale fortemente penalizzante rispetto agli altri principali Paesi europei.” Non usa giri di parole Jaques Bousquet, presidente di Unrae, l’associazione dei costruttori esteri, quando gli chiediamo delle flotte. Del resto i numeri gli danno ragione. Ci sarà pure un motivo se le immatricolazioni delle società in Italia non vanno oltre il 28%, rispetto al 36/37% di Francia e Germania e al 49% della Gran Bretagna. D’accordo che il tessuto economico del Bel Paese è diverso, ma una deducibilità che si ferma a 7.200 euro e una detraibilità dell’IVA al 40% sono fattori che scoraggiano le imprese.

Secondo Bousquet, “la riforma della fiscalità dell’auto aziendale avrebbe il pregio di consentire il ritorno ad un ciclo di rinnovo del parco dei veicoli aziendali più coerente con la vita economica utile di questa peculiare tipologia di beni, con effetti positivi anche ai fini ambientali e della sicurezza.” In quest’ottica avanza due  richieste precise: “la prima è l’introduzione della facoltà al ricorso all’ammortamento anticipato da 4 a 2 anni; la seconda è l’introduzione della durata minima del contratto di locazione finanziaria pari alla metà del periodo di ammortamento.”

Anche Paolo Ghinolfi, presidente di Aniasa, l’associazione dei noleggiatori, insiste sull’opportunità di “aggiornare il tetto di costi deducibili fermo al 1997, applicando almeno la rivalutazione Istat. Consci delle necessità di bilancio, avanziamo una proposta a invarianza di gettito per le Casse dello Stato. Tale modifica della deducibilità, infatti, incentiverebbe un maggior uso delle company car e, spostando le immatricolazioni dal mercato dei privati a quello aziendale, avrebbe il pregio di aumentare la velocità del rinnovo del parco auto circolante.Va superato – aggiunge poi – lo stereotipo che associa l’auto aziendale all’evasione fiscale. Con le nostre attività di noleggio a breve e lungo termine contribuiamo concretamente all’emersione di tutti i costi delle prestazioni connesse – manutenzione su tutte.

Ma c’è una ferita fresca che ancora brucia, come ricorda Guido Rossignoli, direttore generale di Anfia l’associazione dei produttori nazionali: “Proponiamo da anni l’abolizione dell’IPT, imposta esistente in Europa solo nel nostro Paese. Non solo non è stata abolita, ma ne è stato annunciato l’aumento che, sommato agli altri provvedimenti fiscali a danno del comparto introdotti nel corso del 2011, rischia di deprimere ulteriormente il mercato dell’auto, facendo perdere alle casse dello Stato l’extra-gettito IVA derivante dalla vendita di nuove vetture, già diminuito di quasi 2 miliardi rispetto al 2008”. Sul punto gli fa eco Maurizio Lazzaroni, presidente di Assilea, l’associazione delle società di leasing: “L’eliminazione dell’IPT in misura fissa per gli atti soggetti a IVA ha portato un ulteriore inasprimento della tassazione dell’auto nuova e usata. Per il Leasing e’  una doppia penalizzazione in quanto l’utilizzatore si trova a pagare due volte l’IPT: in sede di stipula del contratto (alla prima immatricolazione) e in sede di riscatto. È assolutamente necessaria una norma che elimini tale sperequazione nel’IPT.

Anche Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto (l’associazione che rappresenta i concessionari di auto, veicoli commerciali, veicoli industriali e autobus, di tutti i brand commercializzati in Italia) si associa al cahier de doléances: “Speriamo molto nel nuovo Governo. Abbiamo già pronte una serie di proposte che potrebbero ottenere molteplici risultati: aumentare le entrate fiscali, svecchiare il parco circolante, aiutare l’ecologia, diminuire le vittime e i costi degli incidenti stradali, difendere i posti di lavoro e le nostre aziende, tutte PMI italiane. Abbiamo presentato già tutto da mesi ma il progetto è finito in qualche cassetto polveroso. Confidiamo che nuovi interlocutori manifestino nuove possibilità per il nostro settore ma, soprattutto, per l’Italia.

Purtroppo, i tributi sull’auto ci sono non perché giusti, ma perché possibili. In un Paese che di fatto non ha dei servizi di trasporto pubblico locale decenti, i cittadini non riescono a rinunciare all’auto, la cui domanda risulta così anelastica alle crescenti imposizioni tributarie.

Articolo pubblicato su IlSole24Ore del 29 novembre 2011 a firma di Pier Luigi del Viscovo

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