GLI INCENTIVI NON BASTANO, ADESSO SERVE UN TIME OUT

 In Bollettino, Nuovo

L’automotive grazie agli incentivi può respirare. Farebbe bene ad approfittarne per prendersi pure una pausa di riflessione, per riordinare le idee che negli ultimi due/tre anni si sono un po’ ingarbugliate. Tra multe, pandemia, microchip e stop al 2035 pare che i costruttori siano andati in confusione.

Riordiniamo i fatti. I consumi nel 2021 sono cresciuti come non accadeva dal boom economico e anche quest’anno sono in ripresa. Gli italiani rivogliono tutto, tranne le macchine: come mai? Risposta: non è che non le vogliano, è che a chi ordina un’auto gli danno consegne fino a 66 settimane, un anno e 3 mesi al calendario gregoriano.

Uno si chiede: cosa te ne fai degli incentivi, se non riesci a fabbricare? Non solo: approfittando della mancanza di prodotto hanno alzato i listini e azzerato gli sconti. Va bene, il mercato ha le sue leggi, ma come si conciliano incentivi e aumento prezzi? Si conciliano perché il vero punto, imbarazzante e fastidioso, è che i clienti non comprano le auto che dovrebbero, elettriche o ibride plug-in, almeno non in quantità sufficiente a evitare che la Commissione infligga multe milionarie ai costruttori. Poiché queste auto costano uno sproposito rispetto a quelle normali, un aiutino serve eccome.

Dunque, la Commissione vorrebbe che si vendessero solo auto elettriche. I costruttori, che producono a singhiozzo per carenza di chip, hanno supinamente accettato mentre i clienti no, non le comprano a sufficienza. Allora, perché non chiedere al Governo di far rimuovere le multe, così i contribuenti risparmiano gli incentivi e tutti sono felici? Per la transizione energetica. Che però non dipende dalle auto, in base ai numeri. Le emissioni calerebbero di circa l’1% se l’elettricità venisse tutta da fonti rinnovabili e se fossero tutte elettriche i 220 milioni di auto circolanti in Europa. Se dal 2035 si iniziasse a vendere solo le elettriche, ci vorrebbero altri 20 anni per cambiarle tutte. Nel frattempo altre economie in crescita, Cina e India in testa, avranno aumentato così tanto le loro emissioni di CO2 che quel quasi 1% sarà diventato lo 0,5. Sicuro che valga la pena annientare un’industria da 3,2 milioni di addetti diretti più l’indotto?

In conclusione, l’automotive è in un labirinto di cui fatica a trovare l’uscita. Bruxelles cerca di incastrarla su una transizione dai benefici impercettibili ma dai costi enormi, al limite della sopravvivenza. I costruttori, in evidente sindrome di Stoccolma, hanno condiviso questa politica credendo che i clienti avrebbero seguito. Visto che non lo fanno, si rivolgono al Governo. Ma non per negare lo stop al 2035, che sarebbe la soluzione del problema, bensì per avere soldi pubblici per vendere auto che pochi vogliono. Niente, serve un time out e un bel respiro.

 

Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore il 26 febbraio 2022 a firma di Pier Luigi del Viscovo

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