Il noleggio vende da solo il suo usato

 In Bollettino, Usato

Per i dealer vendite giù del 67% dal 2007, in un mercato che è calato solo del 20 per cento

A fronte di oltre 95mila auto immatricolate da noleggiatori a lungo termine nel primo semestre dell’anno, ne sono state vendute usate a fine noleggio appena 55mila. È un gap rilevante, che evidenzia fenomeni significativi.
Innanzitutto, il cospicuo incremento di vetture acquistate per forniture al noleggio a breve, il cosiddetto rent-to-rent, che gonfia le immatricolazioni. Poi, alcuni casi di stretta collaborazione tra costruttore e noleggiatore, che facilitano la dotazione, da parte di questi, di propri parchi auto da utilizzare come vetture di pre-assegnazione e di sostituzione. Inoltre, le politiche differenti sulle durate dei contratti di noleggio, tra i vari operatori.

A questo proposito, vale la pena osservare la composizione delle vendite di usato in base all’anzianità dei veicoli, ossia a partire dalla prima immatricolazione. Complessivamente, i primi sei operatori (Arval, Ald, LeasePlan, Leasys, Alphabet e Volkswagen) hanno venduto nel primo semestre il 65% delle auto dopo 36 mesi dall’immatricolazione (un terzo dopo 48 mesi) e poco più di una su cinque che ancora non aveva due anni di vita. Tuttavia, si tratta di un quadro complessivo, al cui interno le differenze tra gli operatori sono sostanziali. Se per Arval, Ald e LeasePlan le vendite di auto con oltre quattro anni hanno pesato all’incirca per il 40%, per gli altri tre operatori, legati fortemente a tre costruttori, le cose sono andate in un altro modo. Le vetture con oltre 48 mesi di vita vendute da Leasys e Volkswagen sono state circa una su quattro e per Alphabet meno di una su cinque.

Dall’altro lato della scala, troviamo che le auto usate vendute dopo meno di due anni sono state addirittura una su due per Leasys, mentre per Alphabet e Volkswagen hanno comunque superato il 40 e il 30% delle vendite, rispettivamente. Per gli altri tre operatori la percentuale di queste vetture non arriva al 5%. Per loro, le auto che hanno da due a quattro anni rappresentano il grosso delle vendite: sei su dieci per LeasePlan e oltre una su due per Arval e Ald. Altro dato significativo che emerge dall’analisi è la quota di vendite, da parte di Alphabet e Volkswagen, di auto con meno di dodici mesi: intorno al 20 e al 15%, rispettivamente. Si tratta però di numeri assoluti contenuti, circa 800 per l’uno e 500 per l’altro.
Il noleggio a lungo termine è una fornitura di auto per un tempo, appunto, lungo. Ma i noleggiatori a lungo termine sono prima di tutto degli operatori con una buona capacità finanziaria. In un mercato dell’auto difficile come quello attuale, dove le reti distributive e i noleggiatori a breve soffrono anche per il credit crunch, non è inverosimile che tale capacità finanziaria sia utilizzata – su pressione dei costruttori, ma non necessariamente – per forniture che “lunghe” non sono. La conferma, semmai occorresse, sta nelle quote di vendite di auto usate dei primi sei operatori, che non rispecchiano esattamente le loro quote di flotta gestita. Proprio perché le rispettive politiche commerciali, e dunque di rotazione delle vetture, sono assai diverse.

Passando al noleggio a breve, è opportuno premettere che nella prima parte dell’anno le macchine non si vendono, si comprano. Questo business ha infatti una marcata componente stagionale, che suggerisce di portare la flotta alla massima disponibilità nei mesi primaverili e estivi, quando il turismo aumenta e fa crescere la domanda. Salvo poi contrarla di nuovo in autunno, quando sono soprattutto i viaggi d’affari e le sostituzioni del noleggio a lungo termine a ricorrere a un noleggio per uno/due giorni. Nel primo semestre, a fronte di 72mila auto immatricolate, ne sono state vendute meno di 30mila.

Quasi tutti gli operatori tendono a vendere la gran parte delle macchine dopo averle tenute per almeno 10 mesi o addirittura superando l’anno di permanenza in flotta. Il solo che nel periodo ha “esitato” la maggior parte delle vetture prima che arrivassero a dieci mesi è stata Avis, che tra l’altro ha restituito quasi quattromila vetture al locatore. Ma ci sono altre differenze nelle politiche di flotta tra un operatore e l’altro. Ad esempio, se Sixt e Maggiore hanno restituito al costruttore (buy-back) oltre l’80% delle auto, Hertz lo ha fatto appena per un quarto delle vetture che ha venduto nel periodo. In genere, dietro le operazioni di buy-back c’è la strategia del costruttore di rifornire la sua rete di concessionari di prodotto usato seminuovo, che possa aiutarli a far fronte alla domanda, in un periodo in cui questi sono troppo sprovvisti di prodotto, a causa di un modello di business centrato troppo sul ritiro delle permute a fronte della vendita di auto nuove. Modello che ha determinato un crollo delle vendite di usato della concessionaria media.

Da uno studio del Centro Studi Fleet&Mobility sui dati raccolti e pubblicati da InterAuto News, emerge che in media una concessionaria ha ridotto le vendite di usato dal 2007 ad oggi del 64%, in un mercato dell’usato che è calato del 20%. Perché è successo? In larga misura perché il modello di business dell’usato è ancora fondato troppo sulla permuta a fronte della vendita del nuovo, per moltissimi dealer: crollato il nuovo, ha trascinato con sé l’usato. Ma perché i dealer sono ancorati a questo modello? Perché comprare macchine usate è diverso che riceverne di nuove dalla Casa. Perché sull’usato ci si mette la faccia e il cliente ha aspettative diverse dal nuovo e spesso sorgono contestazioni. Perché il dealer ha investito e lavorato decenni per trovarsi in concorrenza con altri concessionari, non con un’umanità piuttosto variegata di operatori.
Sono quindi ora messe in discussione molte strategie (sintetizzabili in «vendi il nuovo ma fai i soldi con usato e assistenza») disegnate a tavolino guardando i numeri ma trascurando l’elemento umano. Eppure, quelle Case che hanno disegnato tali strategie hanno beneficiato, nel decennio scorso e ancora oggi, proprio di quella dimensione umana (si legga “passione”) che spinge i concessionari a sopportare condizioni che in pochi altri settori troverebbero spazio.

Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore – speciale flotte aziendali – del 28 ottobre 2014 a firma di Pier Luigi del Viscovo

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