
IL SELF DRIVING: È LA DIREZIONE, NON È IL TRAGUARDO
I sistemi di assistenza alla guida servono a migliorare l’esperienza di guida, non ad annientarla. Nonostante la contro-riforma automobilistica, le persone sono orientate a un uso maggiore, non minore, della macchina, magari per la pandemia, magari non solo. Spostarsi in auto ha i suoi vantaggi, a cominciare dalla libertà di movimento per finire all’intimità dello spazio esclusivo. Poi c’è il piacere della guida, sebbene ridotto rispetto a prima e poco cool in certi ambienti, tanto che pur essendo forse il maggior plus del motore elettrico non viene nemmeno comunicato.
Però muoversi in macchina ha pure una serie di noiose seccature. Intanto, se alla partenza siamo felici di poterci prendere cinque minuti in più, all’arrivo la ricerca del parcheggio spesso trasforma il piacere in incubo. Lungo il tragitto poi c’è il traffico, specie quello inatteso e imprevedibile. I sistemi attuali arrivano al massimo a far conoscere il problema, ma presto sapranno fornire una soluzione, indicando tempestivamente vie alternative o stalli liberi dietro l’angolo.
Ultima ma non ultima, la sicurezza. Per quanto si tenda a riservare le fatalità agli altri, siamo tutti più o meno consapevoli che gli attuali sistemi di assistenza ci facciano viaggiare in sicurezza e sarà sempre più così. I comandi vocali sono ormai una realtà e presto le auto sapranno impedirci di chiudere gli occhi o di tenerli sul display anziché sulla strada.
Molti ritengono che il punto d’arrivo di tutta questa tecnologia sia l’auto autonoma e che essa sarà il punto di distacco tra le persone e il mezzo. Come nessuno si sente legato al treno o al taxi che usa, così finalmente potremo sentirci liberi dal cordone con l’automobile. Incidentalmente, pure i prototipi di queste nuove vetture hanno più la forma di un brutto pulmino che di una bella auto, quasi a voler enfatizzare che non ci sarà in esse nulla di attrattivo né di personale.
In realtà l’auto autonoma è più la direzione che il traguardo, per due ragioni. Una è che la guida autonoma non dipende dalla tecnologia (cosa può fare l’auto) ma dalla società: quale forma di mobilità vogliamo avere, umana o computerizzata? Una esclude l’altra. L’altra è che l’auto è un oggetto che trascende la sua funzione di trasporto. È comodità dell’esclusiva intimità. È piacere della guida, sebbene non per tutti e certo non sempre. Come per altri oggetti, è piacere del possesso e non per pochi. Riempiamo le nostre esistenze di tante cose che ci distinguono e che ci piace sentire solo nostre, dall’abbigliamento alle ricette di cucina. È da tanto che gli orologi non segnano più il tempo, eppure tutti ne abbiamo più d’uno e non usciamo di casa senza.
Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore il 29 agosto 2021 a firma di Pier Luigi del Viscovo