In ripresa il mercato dei camion in Italia

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Dopo un gennaio cresciuto a due cifre (+11,6% con 1.615 mezzi immatricolati) rispetto allo stesso mese del 2015, la stima di Unrae per il 2016 è di 17.000 immatricolazioni di veicoli con massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate. “Però occorre ricordare – ha commentato Franco Fenoglio, presidente della Sezione Veicoli Industriali di UNRAE – come la previsione di 17.000 unità, da considerarsi buona, sia ancora ben lontana dai 33.501 pezzi consuntivati nel 2008″.

Le serie storiche mostrano un andamento a W, con un dimezzamento delle vendite nel 2009, a causa della crisi finanziaria internazionale, seguito da due anni di timida ripresa che aveva quasi raggiunto le 20.000 immatricolazioni, fino alla seconda caduta nel 2012, meno 30% con 13.600 unità, dovuta alla crisi del debito nazionale. Le politiche restrittive che hanno ridotto i consumi nel 2013 e nel 2014 hanno portato al minimo di 12.100 unità immatricolate nel 2014. La ripresa del 27% dello scorso anno ha permesso di risalire a 15.500 unità.

I costruttori stanno seguendo un approccio moderno che non si focalizza più solo sulla vendita, come ci racconta Daniele Lucà, a capo del marketing di Scania: “Grazie alla connettività, che abbiamo introdotto già nel 2000, siamo oggi in grado di fornire ai nostri clienti non solo dei mezzi efficienti, ma anche strumenti di fleet management, per controllarne le performance, in base agli stili di guida e ai carichi sostenuti. A questo facciamo seguire altri servizi mirati a migliorare le performance del mezzo. Ricordo per inciso che i consumi di carburante incidono per il 30/35% dei costi totali di un’azienda di trasporto, dunque migliorare l’efficienza anche del 10% significa fare la differenza su un bilancio“.

Ma non basta, perchè dietro ci sono questioni economiche di sistema, come ricorda ancora Fenoglio: “Nelle attuali condizioni, l’incremento registrato – che è appannaggio soprattutto delle grandi flotte, mentre i piccoli trasportatori continuano ad essere in sofferenza – può consentire un cauto ottimismo, ma va tenuto presente che la domanda è caratterizzata da incertezze e discontinuità legate in modo sensibile a fatti contingenti, vista la persistente assenza di misure strutturali. Per crescere adeguatamente e diventare competitivo l’autotrasporto italiano, che ha perso quote rilevanti nei traffici internazionali, ha bisogno di provvedimenti che favoriscano il rinnovo del parco, con particolare attenzione alla sostenibilità ambientale ed economica e alla qualificazione professionale degli autisti, che oggi costituiscono più che mai una componente fondamentale della produttività delle imprese di autotrasporto”.

Per ora, possiamo registrare che il Governo è intervenuto con la Legge di Stabilità 2016, escludendo lo sconto delle accise sui carburanti per i veicoli di categoria inferiore a Euro 2. Questa misura, oltre a dare un impulso allo svecchiamento dei mezzi che attualmente circolano sulle nostre strade, ha anche liberato risorse da destinare ad ulteriori azioni di sostegno.

Ci sono 138 milioni di euro, distribuiti sul triennio 2016/2018, per attuare progetti che migliorino la catena intermodale e dunque possano decongestionare il traffico stradale. Parliamo di realizzare nuovi servizi marittimi per il trasporto combinato delle merci e migliorare quelli esistenti, sulle rotte in arrivo e in partenza da porti situati in Italia (il cosiddetto Marebonus). A questi si aggiungono altri 60 milioni, nel triennio, per il cosiddetto Ferrobonus, ossia contributi per il trasporto ferroviario intermodale, in arrivo e in partenza da nodi logistici e portuali in Italia. Poi, ciò che più interessa ai costruttori, ci sono gli interventi per favorire l’acquisto di mezzi di ultima generazione, gli Euro 6, destinati al trasporto di merci su strada.

Normalmente, in un’economia di mercato domanda e offerta devono confrontarsi e adattarsi, con un intervento pubblico più di regolamentazione che non di ingerenza. Ma il comparto dei mezzi pesanti presenta un aspetto peculiare: la dimensione europea. Mentre le auto e i mezzi commerciali leggeri immatricolati nel nostro Paese rispondono a una domanda Italiana, i mezzi pesanti servono una funzione che solo in parte insiste dentro i confini nazionali. Un camion venduto in Italia lavora su tratte transnazionali, così come una certa domanda di autotrasporto domestico viene soddisfatta da vettori esteri, europei: si chiama cabotaggio. In pratica si tratta di prestazioni di vettori non residenti che, in occasione di un viaggio internazionale, si trovano in un paese di accoglienza e che piuttosto che rientrare a vuoto effettuano un altro trasporto in questo paese prima di raggiungere la frontiera. Le norme europee autorizzano le imprese titolari di una licenza comunitaria rilasciata da uno Stato membro a fornire servizi di trasporto merci su strada in un altro Stato membro, a condizione che il servizio sia fornito in via temporanea. Ma il regolamento (CE) n. 1072/2009 del 21 ottobre 2009 (articolo 8, paragrafo 2) ha abbandonato il concetto di cabotaggio generale per adottare la formula più restrittiva di cabotaggio consecutivo, che prevede fino ad un massimo di tre operazioni di cabotaggio autorizzate nei sette giorni successivi a un viaggio internazionale verso il paese di accoglienza del cabotaggio.

Articolo pubblicato il 15 marzo 2016, su Il Sole 24 Ore, a firma di Pier Luigi del Viscovo

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