Ecco come la tecnologia altera il valore residuo dell’automobile

 In Bollettino, Nuovo

Cambiamenti nelle scelte dei consumatori e nuove tecnologie di propulsione pongono delle serie sfide al settore automobilistico, nella sua parte finanziaria – quella che supporta gli acquisti facendosi carico del rischio dei valori residui. È l’allarme lanciato da Moody’s, un’agenzia di rating, nel suo ultimo rapporto “Auto Finance — Global: Changing consumer preference and new technology pose challenges for auto finance”.

Il ragionamento degli analisti trae origine da una certa apprensione per la crescita di contratti di finanziamento che spostano il rischio del valore residuo sulle finanziarie del comparto auto. Al momento questi contratti hanno per oggetto un numero sempre crescente di SUV (che negli USA sono arrivati al 64% del mercato). Un raffreddamento dell’economia oppure una risalita del petrolio potrebbero facilmente portare a un calo drastico nella domanda di questi modelli, che oltre a costare qualcosa più di una macchina ordinaria pesano anche di più e dunque assorbono più carburante. Ciò si tradurrebbe in un calo dei prezzi sul mercato dell’usato, che impatterebbe direttamente sui bilanci delle finanziarie, che li hanno iscritti stimando un valore residuo in linea con le quotazioni attuali. In Europa, secondo gli analisti di Moody’s, questo stesso problema prende le forme del diesel, che si trova sotto attacco da parte di molte amministrazioni pubbliche, con l’effetto di allontanare le preferenze dei clienti da questa propulsione. In prospettiva poi il problema potrebbe acuirsi, per la crescita delle vetture elettriche ed elettrificate, previste da Moody’s intorno al 20% verso la metà del prossimo decennio, che porterebbe a un calo di domanda per le propulsioni termiche tradizionali.

Diciamo subito che mentre la lettura dello scenario corrisponde, le preoccupazioni appaiono eccessive, perché le finanziarie assumono il rischio del valore residuo su tutte le auto, non solo per i SUV o le diesel. In altre parole, se le quotazioni del diesel dei SUV dovessero scendere per un calo della domanda, questa si sposterebbe su altre vetture, il cui valore salirebbe. D’accordo che su SUV e diesel ci potrebbe essere qualche perdita, ma verrebbe compensata dalle altre macchine. È corretto evidenziare i rischi in un business, ma senza celare le corrispondenti opportunità.
Il problema appare comunque sovradimensionato anche per un’altra ragione, piuttosto semplice: le finanziarie, quando assumono un rischio di valore residuo, stimano i trend di domanda e si regolano di conseguenza. Fanno analisi, come Moody’s, che invece ritiene che questi operatori guardino solo alle quotazioni storiche. Abbiamo interpellato in proposito Gregoire Chovè, amministratore delegato di Arval: “Abbiamo già previsto in anticipo, da circa due anni, un calo generalizzato dei valori dell’usato, che sui diesel sarà anche più marcato.”

La previsione di Moody’s è che, nonostante i rischi, questi sistemi di acquisizione, che prevedono appunto di sollevare il cliente dal rischio del valore residuo, non diminuiranno nelle offerte, poiché rendono il prodotto accessibile al pubblico. Tuttavia, mentre secondo Moody’s questo accentua la vulnerabilità dell’industria automobilistica di fronte ai cambiamenti tecnologici, il problema sembra sgonfiarsi davanti alle evidenze e in punto di logica. Infatti, una maggiore accessibilità dei prodotti, aiutata dalle offerte moderne con valore residuo, non hanno altro effetto che far entrare nel mercato più clienti di quanti lo farebbero senza tali offerte. Dunque spingendo in alto la domanda di auto nuove, a vantaggio dei costruttori.

Di nuovo e in conclusione, se Moody’s raccomanda di limitare queste offerte perché rischiose, deve anche prevedere una corrispondente diminuzione delle vendite totali, perché il comportamento del consumatore non è una variabile indipendente. Forse non si chiamerà finanza, ma un nome ce l’ha: marketing.

 

Articolo uscito su Il Sole 24 Ore il il 16 febbraio 2018, a firma di Pier Luigi del Viscovo.

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