L’auto rimane importante nelle strategie retributive
La Car Policy (CP) è lo strumento con cui le aziende gestiscono il rapporto con i dipendenti che beneficiano di un’auto aziendale (company car, CP). Per l’azienda è una cosa importante, certamente, per i costi che deve regolare e per la politica retributiva che incarna. Ma nessuno vorrà negare che per il driver sia ancora più importante, perché riguarda un bene ancora molto centrale, l’automobile appunto, che fa parte poi della sua dotazione di cose e servizi necessari al contesto privato, a partire dalla famiglia fino agli amici e ai semplici conoscenti.
Non si tratta di uno strumento nuovo. Però può essere uno strumento da rinnovare, nella misura in cui cambiano i suoi destinatari, ossia i dipendenti. Oggi i dipendenti delle imprese sono molto diversi rispetto al recente passato, quando le CP sono state progettate, in rispondenza a un’organizzazione che appare anch’essa datata.
Per esser più chiari, basti ricordare che adesso per la prima volta nella storia umana l’uomo non è più uno strumento al servizio dei beni da produrre, ma sono le cose gli strumenti a disposizione dell’individuo, che gli permettono di sviluppare il suo valore aggiunto. Il corollario è semplice quanto dirompente: la CP non serve a regolare masse di dipendenti uguali, ma è lo strumento per realizzare le individualità di ciascuno. Se poi aggiungiamo la consapevolezza ormai diffusa che si tratta di una retribuzione in natura, per la quale il driver sopporta una tassazione ovvero una trattenuta per l’uso privato, il quadro è completo.
Partendo da queste considerazioni Arval – insieme al Centro Studi Fleet&Mobility – ha prodotto uno studio sui fleet manager delle imprese, finalizzato a capire quanto questa nuova dimensione della CP sia effettivamente nelle corde delle imprese.
La CP è risultata uno strumento utile e positivo per la gestione delle risorse umane (HR) per il 94% degli intervistati. D’altro canto, un’azienda su quattro ritiene pure che si tratti di un fenomeno da gestire con attenzione, affinchè non generi problemi. Ciò perché l’auto è un fattore di forte soddisfazione/insoddisfazione per il dipendente, almeno per tre aziende su quattro.
Proprio per questo, oltre la metà dei rispondenti dichiara che le CP considerano le differenti esigenze che ciascun utilizzatore può avere a livello personale. Questo è uno dei punti nuovi emersi dall’indagine. Più nello specifico, oltre la metà del campione ha ammesso che i bisogni e i comportamenti differiscono in modo rilevante tra uomini e donne. Anche se poi appena il 15% sarebbe favorevole a prevedere due CP diverse, per uomini e donne, a fronte del 41% che lo esclude.
Sul fronte della sicurezza del driver, quasi la totalità delle aziende (96%) ritiene importanti le dotazioni del veicolo e la sua corretta manutenzione. Mentre sono tre su quattro coloro che ritengono determinanti anche i comportamenti e le procedure di uso del mezzo, come non guidare la sera tardi o sotto l’effetto di alcol e droghe. A questo riguardo, due aziende su tre si aspettano un miglioramento delle performance di guida dall’introduzione della telematica nelle auto.
L’indagine ha confermato dunque come la CP sia il sintomo di un fenomeno più generale: la centralità della persona rispetto alla struttura. Per quanto la CC resti uno strumento dell’impresa, la sua dimensione individuale appare rilevante, sia nel senso di rispondere ai gusti e alle esigenze diverse dei singoli driver, sia per il peso che i singoli comportamenti hanno. È una conferma ulteriore di come l’impresa sia sollecitata a rivedere la sua organizzazione, che deve adattare le strutture e gli schemi a una popolazione di dipendenti che esprimono diversità crescenti.
Secondo Andrea Solari di Arval, “questa ricerca mette in luce l’importanza della flessibilità nella gestione della mobilità aziendale: una strada ancora poco percorsa ma possibile attraverso l’utilizzo di soluzioni di outsourcing che comprendano anche la gestione della car policy.
Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore il 15 settembre 2013 a firma di Pier Luigi del Viscovo