
Le bufale ai tempi del dieselgate: ecco come ti costruisco una fake news
Come nasce una fake news? Si parte da alcuni dati reali, che offrano ai meno accorti la sicurezza della fonte, agganciati a un tema di grande scalpore. Poi i dati originari si incrociano tra loro senza curarsi del flusso logico, fino ad arrivare a cifre colossali, affinché nessun divulgatore voglia prendersi il rischio di “bucare” la notizia.
Un esempio è quanto accaduto nei giorni scorsi con una sedicente analisi della ONG Transport&Environment, che ha prodotto il seguente dato: gli automobilisti europei dall’inizio del secolo avrebbero speso 150 miliardi di carburante in più (16,4 solo gli italiani), a causa del dieselgate, emettendo 264 milioni di tonnellate di CO2 in più. In più rispetto a che cosa? A quei consumi che risultavano dai test di omologazione delle vetture.
Le parti vere sono i litri di carburante acquistati e la differenza tra il consumo effettivo su strada e quello registrato in fase di omologazione. Fino al 2017 i consumi di un nuovo modello venivano misurati solo con simulazioni di laboratorio, a cui dallo scorso anno è affiancata una prova su strada, da cui il nome RDE (real driving emissions).
Il trucco sta nel flusso logico. La vita vera sono i motori che muovono le macchine, non i parametri riportati nei limiti normativi. In altre parole, gli automobilisti avrebbero comunque consumato i litri che hanno consumato, altrimenti le macchine si sarebbero fermate perché a secco. Aver introdotto il RDE test non altera per sé i consumi, ma semplicemente li misura in modo più fedele. Ad esempio, se noi decidessimo da oggi che un anno si compone non di 365 ma di 730 giorni, ciascuno di noi avrebbe la metà degli anni, ma non per questo saremmo più giovani, né tantomeno vivremmo il doppio. Però certo, laurearsi a 12 anni sarebbe una bella notizia.
In punto di fatto, le cose stanno diversamente. Grazie ai limiti sempre più stringenti introdotti in Europa, le emissioni inquinanti (ancorché misurate in laboratorio) sono state abbattute in modo significativo. Ad esempio, le emissioni di NOx (ossido di azoto) nei diesel sono diminuite dell’84% e il particolato (PM) del 90%. Mentre l’efficienza dei motori diesel (km/lt) aumentava del 22%, riducendo dunque le emissioni di CO2, che è il vero elemento dannoso perché non inquina ma altera il clima del pianeta. Proprio su questo punto la notizia diffusa tocca il suo apice di disinformazione, allorché mette insieme il dieselgate con la CO2.
Innanzitutto, la difformità tra consumi effettivi e misurazioni di laboratorio riguarda tutti i motori termici, non solo quelli a gasolio. In secondo luogo, il dieselgate ha riguardato alcuni modelli di un solo costruttore, in un periodo di tempo limitato. Infine, senza i motori diesel le emissioni di CO2 sarebbero state molto maggiori. In Europa le immatricolazioni di auto diesel sono passate dal 32% del 2000 a oltre il 50% nel decennio 2006/2015, contribuendo (insieme all’efficienza di tutti i nuovi propulsori termici) alla riduzione delle emissioni di CO2, passate dai 159 gr/km del 2007 ai 118 del 2017.
In conclusione, un tentativo di screditare ancora una volta il propulsore diesel, sfruttando una reale (ma perfettamente legale) difformità tra i test e la strada (di tutti i propulsori, non solo dei diesel) e cavalcando i ricordi dello scandalo delle centraline, che è stato opportunamente ampliato per includere tutti i motori a gasolio. Tentativo grossolano che ha dimostrato la sua insipienza accostando in negativo (è il contrario) la CO2 al diesel.
Articolo uscito su Il Sole 24 Ore del 3 settembre 2018 a firma di Pier Luigi del Viscovo