
Le PMI, prateria di opportunità.
La novità più interessante dell’edizione 2016 del Corporate Vehicle Observatory (CVO), condotta da Arval e che Il Sole 24 Ore è in grado di commentare in esclusiva, è l’approfondimento sulle PMI.
Innanzitutto, la ricerca fornisce un identikit aggiornato di questo universo, che è la colonna portante del nostro sistema economico, nel bene e nel male – soprattutto nel bene direi, visto che le caratteristiche di flessibilità e adattabilità oggi sono indispensabili per la sopravvivenza, forse più di quanto lo siano le dimensioni per la competizione globale. L’indagine ha riguardato oltre 500 aziende, ubicate in Italia, in Francia, in Spagna, nel Regno Unito e in Olanda, che hanno meno di 10 addetti e fino a 9 veicoli in flotta.
In Italia, le imprese con queste caratteristiche che dichiarano di avere almeno un’auto sono 6 su dieci, mentre quelle con almeno un veicolo commerciale arrivano all’80%. In media (ma nessuno dimentichi mai Trilussa!) queste imprese hanno una flotta di 2,1 veicoli, composta per metà di auto (0,9) e per metà di furgoni (1,1). La prima notizia davvero interessante è la provenienza di questi mezzi. Interrogate sull’ultimo acquisto effettuato, si scopre che un’azienda su tre ha attinto al mercato dell’usato, sia per le auto che per i mezzi commerciali, e questa proporzione (2 nuovi e uno usato) si ripropone anche oltre frontiera.
Interessanti pure le risposte sull’alimentazione degli ultimi acquisti fatti: l’85% sono diesel e l’11% a benzina. I nuovi propulsori ibridi rappresentano appena il 2% degli ultimi acquisti in Italia, comunque una penetrazione doppia rispetto alla media degli altri Paesi, mentre il dato dei veicoli elettrici si direbbe ‘non pervenuto’.
Poi la ricerca ha investigato la durata della permanenza dei veicoli nella flotta delle PMI. Le vetture vi rimangono per 7,6 anni in media, mentre i furgoni ancora di più, arrivando a 9,3 anni. Si tratta di periodi abbastanza più lunghi rispetto alle medie europee, rispettivamente di 6,6 e 7,8 anni. Ma il dato forse più interessante viene dal confronto con cinque anni fa. Nel 2011 le PMI tenevano le macchine in media per 5,4 anni e i furgoni per 4,1. Una notizia che farà poco felici i costruttori, mentre potrebbe essere positiva per i noleggiatori che così possono distribuire i costi commerciali della vendita su un periodo più lungo. In verità, il commento di Alessandro Torchio, responsabile del CVO di Arval, è di ben più ampio respiro: “Davanti a questo fenomeno dobbiamo interrogarci se l’allungamento delle durate sia riconducibile esclusivamente alla crisi che le imprese fronteggiano ovvero se anche la tecnologia stia agevolando un utilizzo prolungato dei veicoli”.
Veniamo ora al dato forse più atteso della ricerca, il metodo di acquisizione dei veicoli. Tra le PMI italiane appena un’azienda su 20 ricorre al noleggio a lungo termine e negli altri Paesi la situazione non è molto diversa – la penetrazione del NLT è al 7%. Guardando al bicchiere mezzo pieno, Alessandro Torchio è lapidario: “Il NLT ha davanti una prateria di potenziale sviluppo nelle PMI, dove è evidente una differenza culturale nella gestione della flotta rispetto alle grandi imprese”.
Passando così al CVO sulle flotte medie e grandi, scopriamo infatti che il principale sistema di acquisizione risulta essere il NLT per oltre la metà del campione. Il dato più confortante è però quello sulla previsione di crescita della flotta, dichiarato da 3 rispondenti su dieci, mentre meno di uno su dieci ha formulato una previsione di contrazione della flotta. È un’indicazione su cui i pareri dei fleet manager italiani combaciano con quanto detto dai loro colleghi europei.
Venendo alle alimentazioni, si apprende che il diesel, che oggi equipaggia l’87% dei veicoli in Italia e l’82% in Europa, sarà ancora predominante tra 5 anni, nelle proiezioni dei rispondenti, in misura dell’85% in Italia e del 79% in Europa. Gli unici due paesi che dichiarano un’intenzione più marcata a diminuire la penetrazione del diesel sono la Francia e il Belgio.
L’ultima nota la riserviamo al car sharing. Per 4 aziende su dieci si diffonderà, specialmente tra il personale più giovane (55%), e farà accedere alle auto aziendali una fetta più ampia di dipendenti, ma due fleet manager su tre ribadiscono tuttavia che l’auto aziendale è considerata un riconoscimento importante: a buon intenditor…
Articolo uscito su Flotte & Mobilità de Il Sole 24 Ore, il 18 Ottobre 2016, a firma di Pier Luigi del Viscovo.