L’ESSERE IN FONDO DEI METALMECCANICI

 In Bollettino, Nuovo

Salone di Monaco: che “c’azzeccano” i costruttori?

Il Salone di Monaco sostituirebbe quello di Francoforte, secondo i media. Vediamo se è così. Intanto, si chiama Mobility, che è un’altra cosa, e il messaggio è: con che cosa ci sposteremo dopo? Dopo cosa? Ovvio, dopo la macchina, questo residuato tossico. Poi, la locandina. In primo piano una centometrista e un cantante, perché chi si muove canta, si sa. Appena dietro, una in bici e un motociclista col casco che corre a piedi e non si capisce che problema abbia, se scappi o insegua. Poi un’auto, di quelle tipo-mouse, e uno in monopattino col caschetto; quindi tranquilli sopravviverà, al massimo qualche frattura. Infine una macchina vera ma in sharing, infatti è una Smart, davanti al famoso minibus a guida autonoma, di una bruttezza inarrivabile. Sopra tutti, l’immancabile drone e un taxi volante. In fondo, la destinazione di tutti: Gig Robot. Ora, fare un salone sui Pronipoti di Hanna-Barbera ci sta, ma per chi si occupa di macchine la domanda è: che c’azzeccano i costruttori con questa manifestazione?

Loro non cantano, non costruiscono droni o monopattini, non corrono i 100 metri. Loro fanno macchine. Progettarle e fabbricarle è molto complesso e richiede competenze sofisticate ma diverse da chi voglia aiutare le persone a spostarsi. La mobilità è un’altra roba, di cui i costruttori non si sono mai occupati. È vero che i clienti comprano le macchine, ma a muoversi ci pensano da soli. Alstom fabbrica treni, ma è Trenitalia a produrre mobilità.

“Io faccio il metalmeccanico”, diceva Marchionne. “Abbiamo restituito la dignità del lavoro alla gente degli stabilimenti che era stata quasi completamente abbandonata” e così “siamo riusciti a ricreare una cultura della produzione che la Fiat aveva perduto”. Per molti, si riferiva alla scelta di Romiti e Cuccia di spostare gli interessi della famiglia nella finanza, investendo tra l’altro nella distribuzione e nelle assicurazioni, in contrasto con la strategia auto-centrica di Ghidella. Non sono le Guerre Puniche ma la storia recente dell’industria automobilistica, che i capi dei gruppi automobilistici farebbero bene a ripassare, prima di raccontare che nel prossimo futuro venderanno mobilità.

La mobilità è una cosa bellissima, come del resto la musica, ed è fantastico che possiamo muoverci con tanti mezzi diversi, per i quali molti attori svilupperanno competenze e organizzazioni per intercettare la domanda. Però è un’altra industria. L’auto, sebbene oggi poco trendy, di questa mobilità è un mezzo essenziale e lo sarà a lungo. Qualcuno deve costruirle e non è una vergogna. I costruttori le sanno fare e ne sono fieri, ma non basta: devono anche andarne fieri, abbandonando l’approccio bipolare le-faccio-ma-non-lo-dico. Quindi perché andare ad arricchire un salone che dichiaratamente promuove il loro superamento? Magari sarebbe stato apprezzabile un gesto diverso, da schiena dritta e fiera. Alla locandina “con che cosa ci sposteremo dopo?” rispondere con una contro-locandina “ancora con l’auto, soprattutto”.

 

Articolo pubblicato su il Giornale il 1 settembre 2021 a firma di Pier Luigi del Viscovo

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