L’Europa sorride a Vw, vincente in ogni segmento

 In Bollettino, Nuovo

Il mercato europeo delle auto nuove (27 Paesi, EFTA esclusa) nel 2011 ha perso circa il 2%. Escludiamo la Germania (+9%) e la perdita arriva quasi al 5%, scendendo sotto i 10 milioni di pezzi. Ma le differenze non si limitano alla sola Germania, che come sappiamo si trova in una condizione economica più solida, avendo fatto già da anni alcune importanti riforme.

Il distinguo forse più rilevante è tra i marchi generalisti, tutti col segno meno (salvo Alfa Romeo, Nissan e i Coreani), e quelli premium, tutti col segno positivo (a parte Smart). Un caso a parte resta il Gruppo Volkswagen, che riesce a mettere il segno “più” davanti a tutti i brand, che siano premium come Audi o generalisti come Skoda e Seat.

Guardando al lungo periodo, dobbiamo osservare come siamo ritornati ai livelli del 1991 e che il picco di oltre 15,5 milioni di unità vendute nel 2007 appare un miraggio ormai irraggiungibile. Però la produzione di auto è stabile sopra i 15 milioni di unità, più o meno quante se ne producevano nel 2000.

Dunque in Europa si vendono sempre meno auto nuove e a soffrire di più sono i costruttori generalisti, perché i brand premium godono dello sviluppo delle economie emergenti dove, come è sempre accaduto, la motorizzazione è partita dall’alto e i nuovi ricchi si orientano verso i prodotti premium, facendo lavorare le fabbriche. Un giorno quelle macchine si costruiranno anche in Oriente, così come oggi BMW e Mercedes costruiscono in USA per servire meglio il mercato americano (e la moneta americana ormai da troppo tempo tenuta a livelli insopportabili per le industrie dell’eurozona). Ma per il momento escono dagli impianti europei e prendono il mare verso est. Poiché le auto sono – dal punto di vista logistico – delle grandi scatole piene d’aria (nel senso che ingombrano molto e pesano poco), l’impatto del viaggio risulta insostenibile quando il prezzo scende sotto i 25/30mila euro. Ovviamente, fa una certa differenza se il prezzo di partenza è quello che esce dalle fabbriche europee o da quelle coreane.

In parole semplici, gli impianti europei dei costruttori generalisti hanno una capacità produttiva eccedente. Secondo quanto riportato dal Financial Times, le Case francesi sfruttano gli impianti al 62% mentre il Gruppo Fiat sarebbe al 50%. Nel 2009, dopo che le vendite in Europa erano crollate in 12 mesi dell’11%, i Governi ricorsero agli incentivi per tenere gli operai al lavoro, sperando che la tempesta passasse in fretta. Oggi Marchionne, uno di quelli che più seppe sfruttare (e non solo in Italia) quegli stimoli, dal Governo si attende “che non dia altri incentivi alle rottamazioni”. Si è visto che non erano la soluzione, anche perché la crisi sta durando di più: oggi ci troviamo con gli incentivi finiti, la domanda ancora debole e molte vendite anticipate al 2009/2010. Ma il problema non è solo congiunturale: il ciclo di sostituzione dell’auto nelle economie mature si sta allungando. Negli Stati Uniti, stando alla Polk, una società di ricerche, il periodo di possesso di un’auto prima di venderla è arrivato a 57 mesi, in costante aumento dal 2003, quando era di appena 38 mesi. Nello stesso periodo, l’anzianità media dei veicoli circolanti è passata da 9,3 a 10,8 anni.

Le ragioni sono note a tutti: i prodotti in circolazioni sono molto migliori di quelli che giravano dieci anni fa e le percorrenze medie sono in calo, anche a causa del costo del carburante e delle limitazioni dovute a inquinamento e traffico.

Articolo pubblicato su IlSole24Ore del 20 marzo 2012 a firma di Pier Luigi del Viscovo

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