
L’incertezza tocca anche le flotte
Com’era la battuta, “lo spread me lo mangio a colazione”? Divertente, l’idea che certi indicatori non tocchino la vita reale. Purtroppo non è così, e se a colazione si chiama spread, a ora di pranzo diventano consumi, anche di beni durevoli. L’economia si basa sulle aspettative, che non sono per niente buone, soprattutto per le imprese. Così, è doveroso chiedersi come andrà il mercato delle flotte, che pesa oltre un terzo delle vendite di auto nuove. “Avvertiamo nei clienti un atteggiamento attendista, per l’incertezza sulle prospettive economiche – ci ha risposto Fabrizio Quinti di Ford. “Per il 2019 prevediamo un certo calo, cominciato nei mesi scorsi, attribuibile anche, ma non solo, a una flessione del rent-to-rent (acquisti dei noleggiatori a lungo che vengono poi noleggiati al rent-a-car, ndr).
Il comparto auto però non soffre solo dell’andamento generale dei consumi, ma anche di problemi suoi endogeni. Nel Paese circolano oltre dieci milioni di vetture vecchie, molto inquinanti e poco sicure. Quando lo fanno in Val Padana, una delle aree più industrializzate d’Europa, con un clima non esattamente di brezza marina e riscaldamenti adeguati, le amministrazioni pongono severi limiti alla circolazione. Per le auto vecchie? Non sempre, a volte il divieto colpisce pure le nuove, senza ragione – e senza che i livelli di inquinamento si abbassino, ovviamente. Sia come sia, scatta la corsa alle vetture ibride, vere o presunte. Queste non sono indicate per chi fa lunghe percorrenze, ma se un manager gira prevalentemente in città deve per forza considerarle. Ciò è positivo, secondo Gregoire Chovè di Arval, il leader dei noleggiatori, perchè “allontana le aziende dalla filosofia one-size-fits-all, avvicinandole alla personalizzazione dei modelli in funzione delle reali esigenze dei driver”.
L’altra moda dei nostri tempi è la criminalizzazione dei nuovi diesel a causa dei vecchi diesel. Un’ordinaria nemesi, che per fortuna si sta sgonfiando e a cui comunque le flotte non stanno troppo abboccando. Il loro primo fornitore di auto, Alessandro Grosso (FCA), riporta che “i fleet manager considerano versioni a benzina, ma poi rimangono sul diesel perché è più efficiente e assicura emissioni di CO2 inferiori.”
Articolo pubblicato su Il Giornale, il 13 marzo 2019, a firma di Pier Luigi del Viscovo