L’IPT mette “in folle” la ripresa

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Prima di questa manovra, l’IPT (imposta provinciale di trascrizione) gravava nella misura di 151 euro su ogni immatricolazione (auto nuova) o trascrizione (auto usata), cifra che poi viene aumentata a discrezione della Provincia fino a un massimo del 30%. La manovra del Governo (art. 1, comma 12) mantiene questo criterio fino a 53kW di potenza, mentre per le vetture di potenza superiore prevede €3,5 per ogni kW: un’auto da 77kW partirebbe da una base di 270 euro più l’incremento discrezionale. Nel caso di Milano, che già oggi applica il 30%, si arriverebbe a 352 euro, contro i 196 di oggi: l’80% in più.

Si badi che oltre la soglia dei 53 kW non ci sono i bolidi dei super-ricchi, ma la Panda diesel (55 kW). Dunque, questo aumento di imposta andrà a colpire la pancia del mercato, quella che si entusiasma per la “macchina nuova” (anche quando è usata).

L’effetto sarà ovviamente depressivo, a un duplice livello. Sicuramente, gravare di ulteriori centinaia di euro la spesa legata alla nuova auto non aiuta, ma non è solo questo. Ci sono fattori emotivi da considerare. Un conto è pagare qualcosa in più per aumentare il valore del bene, dotandolo magari di un accessorio in più, un altro è destinare quei soldi alla Provincia. In questo senso, hanno ragione le associazioni quando osservano che “tutto questo è a vantaggio delle Province, enti territoriali che il Governo si è impegnato a sopprimere entro la fine della legislatura.” Il consumatore – già irritato per i molti aspetti della manovra che non condivide (a torto o a ragione, poco importa) e che però deve subire – può facilmente scaricare il suo rifiuto sulla scelta di cambiare la macchina. L’acquisto di un’auto riflette (oltre alla gratificazione per un fatto positivo) anche l’entusiasmo per quanto ci si aspetta dal prossimo futuro. Componenti negative, quali la frustrazione, se non addirittura l’irritazione, sono per definizione depressive dell’orientamento all’acquisto.

A livello macroeconomico, questi fattori determinano la maggiore o minore velocità con cui si sostituiscono le auto obsolete, visto che in un mercato di sostituzione al cliente cambia poco se fa l’acquisto oggi o fra sei mesi. La figura che meglio descrive la domanda di auto è il “piano inclinato”: maggiore la propensione, maggiore la pendenza, più persone acquistano, e viceversa.

Per questo motivo è ingiusto questo articolo della manovra. Perché getta acqua sul tenue fuocherello degli acquisti. Il rischio – come stigmatizza Paolo Ghinolfi, presidente di Aniasa – è di aggravare ulteriormente la situazione per un mercato già da tempo in allarme rosso e che pure sta cercando di rinnovarsi in un contesto economico e finanziario difficilissimo e in presenza di indicatori di fiducia di privati e aziende altalenanti. 

Ed è solo l’ultimo getto d’acqua, che si aggiunge ad alcune altre perle di politica economica, come ci ricordano le associazioni di settore. Peraltro, non si tratta di norma una tantum: già da alcuni mesi il settore automotive è oggetto di altri interventi fiscali, quali l‘aumento delle accise sui carburanti, l’incremento della tassazione RCAuto e la recente introduzione del “superbollo”. Si tratta, quindi, dell’ennesimo duro “colpo” per il comparto dell’auto.”

Stando ai calcoli di Assilea, questa norma riguarderebbe circa 4.675.000 transazioni (nuovo e usato) e genererebbe un extra-gettito di quasi mezzo miliardo di euro, considerando un incremento medio applicato dalle province del 23%.

Nonostante tutte le associazioni del comparto auto abbiano alzato la voce per settimane, rivolgendo anche un “appello al buon senso” dei parlamentari, ormai è legge.

Ma come giudicare questa norma, senza essere di parte? Il discrimine deve necessariamente essere la spinta o il freno allo sviluppo. Ogni decisione – per quanto dolorosa – va presa se utile alla crescita, sennò va rigettata. Il comparto auto sta nella parte sana del Paese, quella che ogni giorno produce valore e occupazione. Conviene al Paese mortificare la domanda? In questo momento, alla politica competono le scelte giuste, non quelle facili. Il legislatore di un Paese malato deve accettare che il suo ruolo è quello del medico, che non interviene per compiacere il paziente, ma per guarire i suoi mali. Quando deve calare di peso, uno pensa a eliminare i grassi, non a tagliarsi una gamba.

Articolo pubblicato su IlSole24Ore del 27 settembre 2011 a firma di Pier Luigi del Viscovo

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