L’ombrello te lo porti da casa
Convocati gli Stati Generali dell’Auto da Jacques Bousquet, neo-presidente di UNRAE, nell’intervento di apertura del convegno tenutosi a Milano il 14 giugno presso il Sole 24 Ore. “Il settore auto è in difficoltà e potrebbe entrare in una crisi strutturale, dunque non si tratta di trovare soluzioni con un sacco di soldi per sei mesi, non è questo l’approccio giusto”, ha subito chiarito. “Il nostro interesse è verso le auto più efficaci, che inquinano meno, più interessanti dal punto di vista tecnologico. Per questo l’arco temporale è importante e potrebbe coincidere con il periodo di difficoltà del settore, 3/4/5 anni. Il Governo potrebbe cogliere in questo l’interesse sociale, per il Paese, dando un supporto economico a quei cittadini che investono in auto moderne, tecnologicamente avanzate. Il nostro compito, come UNRAE, è di far conoscere alle istituzioni il mondo dell’auto, nella sua complessità, trovando azioni semplici per rilanciare la domanda. Il nostro è un discorso di apertura per un lavoro di squadra che potrebbe portare soluzioni positive alle difficoltà del settore.” Ma se Atene (l’auto) piange, Sparta (tutto il resto) non ride di certo. Lo ha spiegato efficacemente Gianmarco Giorda, Direttore Operativo di Anfia. “Il quadro macroeconomico internazionale mostra sì un 2010 in ripresa, ma a due velocità: le economie emergenti tirano, quelle avanzate no, e l’Italia è tra quelle che cresce poco. Inoltre, nelle economie avanzate permangono problemi sul mercato del lavoro e su quello immobiliare (in leggera ripresa ma debole), con una dinamica salariale moderata e la spesa delle famiglie su livelli modesti rispetto al passato.” La fotografia degli autoveicoli leggeri prodotti nel Mondo nel 2010 conferma questo stato di salute: 74 milioni, ossia il 25% in più dell’anno precedente. La crescita – a doppia cifra – è stata trainata da Cina (divenuto il primo mercato mondiale), India e Brasile e anche il NAFTA ha recuperato terreno. L’Europa a 27, pur cresciuta, è ancora sotto i livelli di produzione pre-crisi, anche a causa dello smaltimento degli stock di produzione accumulati nel 2009. In questo contesto il mercato italiano soffre. La proiezione di ANIFIA per l’anno in corso è di 1.840.000 auto vendute, non di più, a causa della raccolta ordini molto fiacca. Ma non tutti ci stanno a subire la congiuntura negativa. Giuseppe Tartaglione, a capo del Gruppo Volkswagen, ha “tuonato” contro le avversità, nel suo stile chiaro ed efficace. “Due anni fa ci avevano avvisato che sarebbe arrivato un uragano a spazzare via tutto. Oggi quell’uragano non è arrivato, ma indubbiamente siamo sotto la pioggia. Quando piove, o ti bagni o tiri fuori l’ombrello, che ci dobbiamo procurare da soli e che per l’automobile si chiama: prodotto, organizzazione e innovazione. In Italia c’è un problema di consumi, allora cerchiamo di far rinascere la voglia di comprare automobili, lavorando sul prodotto. L’innovazione, a sua volta, ci permette di creare nuovi mercati, come ad esempio l’elettrico. Ma ancora nessuno ha deciso chi dovrà costruire le attrezzature, le colonnine. Noi facciamo il nostro lavoro, gli altri devono fare il resto, le infrastrutture. E noi dobbiamo spingerli”. Gli fa eco Roberto Matteucci, a capo di General Motors Italia, che ribadisce l’importanza del mercato italiano e la tipicità del cliente italiano, a cui “nonostante le difficoltà, l’auto ancora fa battere il cuore”. Ma avverte che – pur se il settore deve tirare fuori l’ombrello – non bisogna calcare la mano: “Va bene dire che il settore si salva da solo, ma qui sembra che l’auto sia una mucca da mungere. Lancio un grido d’allarme per le reti di concessionarie. Noi costruttori/importatori ci siamo ristrutturati e possiamo gestire anche una domanda inferiore a 1.800.000. Ma la rete italiana difficilmente potrà farlo, non penso siano in grado di dotarsi di un ombrello.” Anche Massimo Gargano, a.d. del Gruppo Toyota, dichiara impegno e ottimismo, ma non cela che il problema c’è ed è più profondo e ampio del settore auto. “Noi siamo ottimisti, perché il pessimismo non porta da nessuna parte. Siamo manager preparati a gestire le situazioni critiche. Però il problema è l’incertezza sul futuro, la scarsa crescita, le aspettative. Se non risolviamo questo, il mercato dell’auto non potrà ripartire. Allora mi chiedo se ci possiamo permettere di aspettare che il contesto economico ricrei le condizioni per un rilancio o se il prezzo da pagare nel frattempo non sarebbe troppo alto? Nel qual caso è necessario un intervento strutturale che aiuti la domanda a ripartire.” Il prezzo lo pagherebbero soprattutto le reti distributive, come spiega bene Luca Napoletano, Direttore Mercato Italia Fiat Group Automobiles: “Sono convinto che al tavolo devono essere rappresentati gli interessi delle reti di vendita. I loro bilanci già erano in difficoltà nel 2009, con un mercato sopra i 2 milioni, figuriamoci ora. Le Case possono trovare degli escamotage, ma non le concessionarie, la cui struttura dei costi non è comprimibile. Un mercato in contrazione vuol dire che le reti sono in difficoltà e su questo bisogna concentrare gli interessi”. Su tutto, la riflessione coraggiosa e fondamentale di Loris Casadei, past-president di UNRAE: “Perché dobbiamo difendere l’auto? Perché l’auto continua ad essere un indispensabile bene di libertà privata.” Pur consapevole che questa libertà non debba collidere con gli interessi collettivi di sicurezza e sostenibilità ambientale, l’affondo di Casadei è sull’ipocrisia di certe scelte politiche, quando limitano l’accesso ai SUV o bloccano la circolazione guardando solo alla CO2.
Articolo pubblicato su Car Fleet di ottobre 2011 a firma di Pier Luigi del Viscovo