MA SI PUÒ ANCORA DIRE “VIVA L’AUTO”?

 In Bollettino, Nuovo

Le macchine sono bellissime. E comprarne una rimane un piacere della vita: allora, perché chi le fabbrica non lo sostiene apertamente?

 

Scegliere una nuova auto – e fa lo stesso se è usata – è una bella esperienza. Si comincia guardando quelle che piacciono di più ma che no, non ci possiamo permettere, perché troppo piccole per la famiglia o troppo grandi per la tasca. Purtroppo, quando inizia la valutazione concreta per selezionare quella giusta, iniziano i dubbi e le incertezze sul prossimo futuro. Pare che saranno elettriche, ma costano tanto e comportano problemi per la ricarica e pensieri sulla durata delle batterie. Un compromesso sarebbe l’ibrida, ma non tutti se la sentono adatta. Consigliabile rimanere sui motori tradizionali, ma se poi nel giro di qualche anno dovessero finire su un binario morto? Bellezza e piacere a parte, parliamo pur sempre di un impegno economico importante e proiettato negli anni: sbagliare non è un’opzione. Meglio sospendere la decisione e l’acquisto. Ciò che tanti, troppi stanno facendo, poiché la confusione non è l’humus in cui far germogliare le scelte importanti.

Insomma, tutto il battage sull’elettrificazione condotto negli anni qualcosa ha prodotto, ma non ha lavorato da solo. Il racconto ecologista ha ridato vivacità a un pensiero che conoscevamo bene tanti anni fa, dell’auto come totem di un sistema che non piaceva, del “pure l’operaio s’è fatto l’automobile” o del “ma dove andranno mai con tutte ‘ste macchine”. C’eravamo illusi di averlo archiviato, ma s’era solo nascosto e durante il lockdown è diventato “la cosa buona è che almeno non si vedono auto in giro”. Un’ideologia, o meglio una contro-ideologia, che ha i suoi teoreti (chi studia un problema scientifico su fondamenti e con metodi e fini esclusivamente teorici) nei vertici di grandi metropoli, che lavorano per lasciare ai posteri città senza macchine, piene di viandanti e biciclette alla Pechino anni ’80, ignorando i bisogni che l’auto soddisfa, pur con tutti i suoi limiti e le giuste limitazioni. Per la legge di Murphy, in questa tempesta perfetta non poteva mancare la congiuntura della scarsità di prodotto. Quand’anche il cliente vincesse tutti i dubbi e le resistenze, ci penserebbero i tempi di consegna promessi dal Pinocchio di turno e le quotazioni fantasiose dell’usato a raffreddare gli entusiasmi.

Ogni tassello appare ben sistemato per allontanarci dall’automobile. Peccato, perché sta diventando ancor più bella e fantastica, grazie alle innovazioni tecnologiche. Nei prossimi anni andare in macchina sarà un’esperienza ricchissima, mai vissuta prima. La connettività la riempirà di relazioni col mondo esterno mentre i sistemi di assistenza alla guida ci faranno stare tutti più sicuri. Le auto di oggi e di domani potrebbero e dovrebbero tirare la ripresa, altro che aver bisogno di incentivi.

Basterebbe solo che chi le produce dicesse due frasi semplici: che l’auto è bella, bellissima, e di stare tranquilli che si continuerà a usare. Va di moda che i vertici dei costruttori si definiscano “car enthusiast”. Bene, che trasmettano questo entusiasmo ai loro clienti, senza quel pudore inopportuno e insopportabile. Fanno il loro lavoro e lo fanno bene. Non c’è proprio nulla di male. E sia chiaro, tra “la mia auto è bella” e “l’auto è bella” c’è un abisso. Sono pensieri semplici ma tremendamente impegnativi, in quanto non politically correct. Ma se non li affermano loro, allora chi? Magari, chi gli stacca un assegno di qualche decina di migliaia di euro se l’aspetta.

 

Articolo pubblicato su Quattroruote a marzo 2022 a firma di Pier Luigi del Viscovo

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