Perché il modello Ryanair è furbetto e quasi fallito

 In Bollettino, Nuovo

“Se non sai sorridere, non aprire un negozio”. Questo antico proverbio cinese (e loro sul low cost ci pigliano) calza a pennello a Ryan Air. Non è una strategia di business, che ogni impresa è libera di disegnare come crede – e Ryan Air ha dato ampia prova di saperlo fare. È piuttosto una filosofia, una piattaforma su cui costruire la propria strategia. È il galateo del business. Oggi la realtà ci restituisce, a piene mani, immagini di imprese che invece mangiano con le mani. A cominciare dalla schedatura a cui sottopongono i visitatori (con tanto di ritiro del documento – roba che nemmeno la Polizia), per finire al fatto che tutto è regolato dalla forma scritta (email), giubilando con buona pace la parola data (un uomo vale quanto la sua parola – si insegnava una volta). Succede perché alla fine tutto viene giustificato dal risultato economico: se c’è lui, allora sdogana tutto. Nel business, il profitto (dentro le regole) è la cosa più importante. Questa legge non la vogliamo né dimenticare né confutare, sia chiaro.
Però il punto è proprio questo: “… non aprire un negozio”. Ossia, lascia perdere, che ti conviene. Magari non subito, ma prima o poi verrà a galla la tua debolezza, non sulla convenienza dell’offerta, bensì sul comportamento verso i clienti, sulla capacità di essere gentile, di stemperare il clima, di mettere a proprio agio. Chiunque abbia viaggiato Ryan Air non può non aver percepito due cose. Da un lato, il prezzo vantaggioso e la puntualità. Dall’altro, la pressione esercitata sul personale (che non sorride affatto) e sul cliente, che non viene camuffata, nemmeno ci provano. La base palpabile del rapporto è più o meno questa: tu non sei qui perché ti piacciamo, ma perché hai voluto risparmiare. Noi avremmo voluto più soldi da te, ma non ce li hai dati perché se avessimo alzato il prezzo magari avresti preso un’altra compagnia. Allora non fingiamo di essere contenti l’uno dell’altro. Da questo momento, riceverai sì ciò per cui hai pagato, ma nulla di più. Anzi, noi faremo di tutto per farti tirar fuori altri soldi. Il nostro personale di bordo le proverà tutte, dall’acqua al panino al gratta-e-vinci: sanno che se non ci riescono sarà peggio per loro.
Ma le perversioni arrivano ancora più giù (al fondo? Si spera, ma con il peggio non sei mai sicuro di essere arrivato). Recentemente, prima che scoppiasse la vicenda del “ciaone” dei piloti (che sono le professionalità più elevate nell’aviazione civile e dunque hanno avuto buon gioco a fare ciò che magari tanti assistenti di bordo desiderano), girava nei social una storiella molto illuminante. Un cliente Ryan Air ha acquistato il biglietto insieme a un’altra persona, ma il sistema aveva assegnato a lui il posto 2B e all’altra il 30F. Poi lo stesso sistema gli chiedeva se non volesse viaggiare vicino alla compagna. Clickando per fare il cambio, scopriva che il prezzo sarebbe stato di 14 euro per cambio, a tratta. Insomma, il sistema sembra programmato per creare il disagio che spinge a chiedere qualcosa in più, a pagamento.
Adesso stiamo scoprendo l’altra faccia del low cost: pagare meno un biglietto aereo può anche renderci felici sul momento, ma quel minor prezzo lo paghiamo. Sempre e comunque. Non esiste un pasto gratis. Il viaggiatore, che viene pressato e vessato da continue richieste di spendere qualche euro in più. Vere e proprie tagliole che colpiscono senza pietà, se ha dimenticato di portarsi una bottiglietta d’acqua o se ha un trolley fuori misura. Il dipendente, tenuto con la testa a pelo d’acqua, col pericolo costante di finire sotto, appena sbatte meno i piedi.
Tutto ciò è indice di ricchezza? Non direi proprio. Di benessere diffuso? Ma per piacere. E la cosa triste non è Ryan Air che lo fa, ma tutti noi che lo accettiamo. La competizione, tra imprese e tra dipendenti, è una cosa sana e va incoraggiata. Ma si può competere offrendo sempre qualcosa di meglio e/o di più dell’altro, ed è virtuoso – così siamo passati dalla pietra alla micro-chirurgia. Oppure, si può competere facendo pagare un prezzo sempre più basso, a fronte di una qualità sempre inferiore, ed è regressivo. Serve per tornare alla pietra.

 

 

Articolo pubblicato su Il Giornale, il 29 settembre 2017, a firma di Pier Luigi del Viscovo

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