Aeroporti. Passeggeri. Eppur si muovono
Nel 2009, annus horribilis, fgli aeroporti italiani hanno registrato una flessione nel traffico passeggeri appena del 2%, chiudendo comunque sopra i 130 milioni.
Certo, Milano ha avuto una flessione di quasi il 10%, complessivamente, mentre invece Roma si è difesa meglio, pur stando sotto la media nazionale.
Probabilmente il dato migliore è la crescita di alcuni scali piccoli, dove si lotta continuamente per arrivare al un break-even tra ricavi e costi che consenta di tenere aperto l’aeroporto. Anche gli operatori del rent-a-car sono forse più interessati alle soglie minime degli scali minori, che consentono di remunerare una stazione di autonoleggio, che non alle variazioni dei grandi scali, dove le politiche riguardano di più il livello della flotta e dell’organico (e non se aprire/chiudere la stazione).
In base allo stesso parametro, bisogna osservare che alcuni scali piccoli continuano a cedere passeggeri, ben oltre il calo attribuibile alla crisi in atto. Si tratta di aeroporti che non arrivano neanche a mezzo milioni di passeggeri, per i quali sarebbe utile un piano industriale nazionale, in grado di togliere il “giocattolo” a tante amministrazioni locali. Se non si è capaci di costruire un sistema territoriale attrattivo, fatto di valorizzazione di eventi e luoghi e strutture di ospitalità, non può bastare un aeroporto, magari anche gestito approssimativamente.