RENT-A-CAR: FATTURATO SU CON MENO NOLEGGI

 In Bollettino, Noleggio

Il rent-a-car è riuscito a ribaltare in positivo la sua equazione di business, aumentando il giro d’affari dell’11% rispetto al pre-Covid a fronte di volumi inferiori del 14%. È questo il dato più rilevante del 22esimo Rapporto Aniasa. Per l’industria che più ha sofferto i due anni di lockdown del turismo la ripresa, oltre a presentare una domanda robusta e determinata a muoversi come e più di prima, ha incrociato la scarsità del prodotto auto. Questa fortunata combinazione ha messo gli operatori nella condizione di estrarre dal servizio di noleggio tutto il valore possibile, ossia far pagare il giusto. Che è la funzione sociale dell’impresa: creare ricchezza. Questa congiuntura ha permesso anche di ridurre la dipendenza del rent-a-car dai broker, che comprano/vendono il servizio un-tanto-al-chilo ma poi evaporano e, se sorge un problema al momento del noleggio, resta alla professionalità degli operatori il compito di fare i coperchi alle loro pentole scomposte. Ma il Rapporto pone anche una domanda: quanto il rent-a-car sia un business da città, nell’attuale modello di business station-based. Le stazioni di noleggio degli aeroporti sono il 17% del totale e ciascuna sviluppa in media 4,4 milioni di fatturato, contro i 650.000 euro di quelle di città, dove magari funzionerebbe meglio un’offerta tramite app, stile car sharing.

A proposito di questa mobilità “a minuti” il Rapporto mostra come l’offerta a Roma sia sottodimensionata rispetto a Milano. Gli utenti del car sharing sono quasi gli stessi, ma a Milano le macchine sono il 45% in più per servire una superficie che è circa un decimo di Roma. Risultato: i clienti milanesi usano le auto in car sharing il 74% in più dei romani. Non è un paradosso: se l’offerta è sotto una soglia minima di accessibilità (auto a portata di mano) l’utilizzo del servizio diminuisce, non aumenta.

Ultimo ma non ultimo, il noleggio a lungo termine prosegue la sua corsa aumentando la penetrazione tra i privati, aiutato anche dalla confusione dei consumatori su quale motorizzazione prendere: nell’ipotesi che la scelta si riveli poco adatta alle esigenze, viene comoda la durata di pochi anni. La quota del noleggio, che complessivamente è il 28%, arriva per le elettriche al 32% e addirittura al 56% per le ibride plug-in, quasi tutte concentrate nelle flotte in NLT per ossequiare la moda green senza imporre ai dirigenti sconvenienti soste alle colonnine. Trattandosi di auto costose e che consumano tanto, per il peso delle batterie e perché girano quasi sempre col motore termico, in più soggette a obsolescenza rapida per le continue evoluzioni, sorge un’incognita sulla rivendibilità a fine noleggio. Tanto più se il resto del mercato ne immatricola meno del noleggio.

 

Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore il 27 maggio 2023 a firma di Pier Luigi del Viscovo

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