Rilanciare i consumi partendo dall’auto

 In Bollettino, Nuovo

La caduta della domanda di auto nuove sembra essere terminata, visto che ormai il 2014 si avvia a chiudere a un livello di immatricolazioni superiore allo scorso anno, anche se il segmento dei privati ancora non si stacca dal fondo toccato nel 2013.

In aggiunta, si parla sempre più frequentemente di interventi del Governo in funzione di stimolo della domanda di auto, con uno spettro anche più ampio che in passato. Così Massimo Nordio, presidente di Unrae, l’associazione dei costruttori: “Un intervento che riduca la pressione fiscale che ancora agisce su famiglie e imprese e stimoli in modo conveniente la sostituzione del parco obsoleto, come annunciato dal Ministro Lupi, ci trova totalmente d’accordo e rappresenta un importante segno di attenzione nei confronti di un settore strategico per il Paese”. Cui fa eco Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, associazione dei concessionari: “Ben vengano eventuali, anche se remote, iniziative statali per il mondo degli autoveicoli, che potrebbero riportare il mercato a numeri più consoni”.

Affermazione che introduce la madre di tutte le domande: quale è il livello “consono” del mercato? Non certo i 2,3 milioni del decennio scorso, né i due milioni tondi, che pure molti indicavano appena cinque anni fa come soglia minima, che era impensabile potesse essere oltrepassata verso il basso: i fatti hanno provato la capacità predittiva di tanti. Ma allora quale sarebbe la domanda fisiologica, che i consumatori esprimerebbero, se non fossero frenati da difficoltà economiche, alcuni, e da sfiducia verso il futuro, gli altri?

Per formulare una stima che non sia una pura espressione di desiderata, il Centro Studi Fleet&Mobility comincia l’analisi da un primo fatto. Fino al primo decennio del nuovo secolo, il parco circolante è sempre aumentato. In altre parole, gli italiani immatricolavano più macchine di quelle che rottamavano/radiavano, nonostante varie tornate di incentivi. Negli ultimi anni, invece, questo trend si è esaurito e non ci sono segnali nella società che possa riprendere la crescita del parco. Gli italiani stanno bene con 37 milioni di auto e non intendono aumentarle. Dunque, non è lecito aspettarsi ancora quelle immatricolazioni che andavano a incrementare il parco circolante. Si trattava, in media, di 517mila auto all’anno nel decennio 1990/99 e di 417mila in quello 2000/09. Ragionare per decenni mette al riparo da devianze congiunturali e consente ai fenomeni strutturali di emergere con maggiore chiarezza.

Resta da stabilire quante auto gli italiani vorrebbero sostituire, di quelle che sono in giro. Per essere chiari, non è che chi immatricola un’auto nuova ne rottama un’altra. Ma in termini di domanda aggregata succede proprio così: un’auto nuova viene immatricolata e un’altra, da un’altra parte, viene radiata. Il saldo è zero. Nel decennio di fine secolo venivano sostituite in media 1.572.600 auto all’anno. In quello di inizio secolo di più, ben 1.885.700. Ma solo perché il parco era più nutrito. Infatti, se nel primo dei due periodi in esame è stato sostituito il 53% del parco, in quello successivo si è saliti di poco, al 55%. Negli ultimi quattro anni, il tasso di sostituzione medio è stato circa del 44%, pari a una media di 1.604.000 auto nuove all’anno. Dal 2012, anno in cui l’economia italiana è stata messa davvero alle corde, siamo su livelli decisamente inferiori. Ma questo è appunto un momento eccezionale, dal quale dobbiamo comunque venir fuori.

Allora, quando avremo superato questa crisi, quale sarà il livello fisiologico di domanda di nuove auto? Se intervento pubblico deve essere, quale obiettivo può/deve perseguire? Non certamente quel 55% su base decennale degli anni d’oro – che poi di oro non ne hanno lasciato. Più probabilmente oscillerà tra il 45 e il 50%, ossia una media annua compresa nel buffer 1,6/1,8 milioni.

In conclusione, interventi esogeni sulla domanda attuale – stimata quasi a 1,4 milioni – dovrebbero avere una forza tale da stimolare circa 300mila immatricolazioni addizionali. Gli ultimi incentivi, quelli 2009/10, hanno prodotto circa 450mila immatricolazioni aggiuntive, in un mercato più alto rispetto ad oggi di quasi mezzo milione di auto. Servirebbe dunque uno stimolo analogo, di forte impatto, il cui costo si farebbe sentire: siamo nell’ordine di 500/700 milioni di euro, per qualcosa di veramente efficace.

Gli incentivi normalmente non sono una soluzione, perché drogano la domanda anticipando in buona misura acquisti futuri. Però questo è un momento in cui è assolutamente necessario far riprendere la domanda interna. E un mercato dell’auto vivace, che piaccia o no, infonde ottimismo e fiducia ben oltre la sua dimensione economica – 300mila vetture aggiuntive significano, in soldi, più o meno 5 miliardi.

In conclusione, gli interventi che si stanno ipotizzando per stimolare la domanda di auto nuove non devono essere valutati per sé, ma come parte di un generale piano che sposti sui consumi le risorse oggi destinate alle rendite, dove per rendita si intende non più la proprietà immobiliare che produce reddito senza creare valore, ma piuttosto tutte le spese – forniture e personale – che non producono un valore superiore o almeno uguale al loro costo.

Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore il 2 settembre 2014 a firma di Pier Luigi del Viscovo

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