
TENTENNARE IN TRANSIZIONE
L’acquisto della macchina nuova è sempre un’occasione di confronto con l’innovazione tecnologica. Ma quella elettrica impone valutazioni impegnative, come mai successo in passato.
La macchina nuova è sempre occasione di confronto con l’innovazione, ma l’auto elettrica pone valutazioni impegnative come mai prima, perché implica un cambio nelle abitudini di utilizzo dell’auto, nel momento del viaggio e in quello della sosta. Per fortuna l’umanità brilla per capacità di adattamento e nel caso ci adatteremo anche a spostarci con un’auto elettrica. Anzi, se così dovesse essere, tanto vale cominciare subito. Dunque, la domanda chiave dell’automobilista è: sicuro che andrà così?
I costruttori lo giurano, ma la loro credibilità è minata dal fatto che devono assolutamente vendere un certo numero di auto elettriche, per evitare multe miliardarie dalla Commissione Europea. La quale ha proposto che dal 2035 ogni nuova macchina sia elettrica e ora spetta al Parlamento, e soprattutto al Consiglio d’Europa dove siedono i capi di governo, confermare o meno. Però 14 anni per i tempi della società e della politica sono un’era geologica. Nel 2007 giocavamo a esportare democrazie e Lehman Brothers era una delle più grandi banche del mondo: come e quante volte è cambiato lo scenario ce l’abbiamo sotto gli occhi. Stabilire con ragionevole probabilità come saranno il Mondo e l’Europa nel 2035 è difficile, quando si saranno avvicendati tre cancellerie a Berlino e tre inquilini all’Eliseo e alla Casa Bianca, avendo nel frattempo modificato le relazioni con Pechino e Mosca.
Ma perché associare scenari geo-politici all’imposizione ope legis dell’auto elettrica? Perché questa nasce come strumento indispensabile di contrasto al riscaldamento globale. Messaggio ben accolto in linea di principio dai civili e opulenti europei, finché non ha mostrato ricadute sulla vita reale. Infatti, negli ultimi mesi l’attenzione dei cittadini è stata richiamata da fenomeni economici, che hanno aperto a riflessioni sull’impatto della transizione energetica e della conversione all’auto elettrica.
Alcune fabbriche legate alla componentistica per motori termici sono entrate in crisi, con lavoratori e striscioni in diretta TV. Poi è arrivata la stretta sul gas che ha fatto impennare l’energia elettrica del 40%. Il Governo è stato fulmineo a sterilizzare il caro-bolletta per tranquillizzare gli italiani, ma il dibattito sulle implicazioni della transizione energetica e su chi debba pagarne il prezzo era già partito, spingendo addirittura il ministro Cingolani a pronunciare la parola “nucleare”.
Quando si discute vengono a galla i fatti. Ad esempio, che l’Europa emette l’8% della CO2 mondiale e che le sue emissioni sono in diminuzione dal 1980, oppure che la Cina da sola emette un terzo della CO2 e dal 2000 ad oggi ha più che triplicato le sue emissioni. Ora, se la transizione energetica mostra il cartellino col prezzo, i cittadini si fanno la più classica delle domande di società: perché io?
All’improvviso l’elettricità, da anni sinonimo di soluzione al cambiamento climatico, si ritrova a essere parte del problema e le basi di coscienza ambientale su cui poggia l’auto alla spina, finora solide, diventano friabili. Se poi si sapesse in giro che tutte le auto circolanti in Europa non arrivano all’1% della CO2 globale la politica, che può a volte mancare di visione ma mai di fiuto, impiegherebbe un attimo ad attenuare il divieto alle auto termiche.
In conclusione, chi voglia cambiare abitudini d’uso dell’auto ha l’occasione di farlo. Chi invece lo farebbe solo se costretto può mettersi comodo e pazientare, diciamo dieci anni, quattordici ancora meglio.
Articolo pubblicato su Quattroruote a novembre 2021 a firma di Pier Luigi del Viscovo