
Una Ferrari che vince e trascina i brand premium di FCA
In un’intervista rilasciata a Philipp Zahn per il TG di SRF, la principale emittente svizzera, Pier Luigi del Viscovo, Professore di Sistemi di Distribuzione presso la LUISS Guido Carli, analizza le motivazioni strategiche e di marketing che hanno contribuito all’avvicendamento ai vertici di Ferrari (qui l’intervista in italiano)
Marchionne ha detto che non vuole inglobare la Ferrari nella FCA. Che futuro c’è allora per Maranello?
Credo che il disegno sia di potenziare la capacità di Ferrari di essere leader indiscussa nel mondo della Formula 1, perché da lì discende un patrimonio di immagine che oggi è irrinunciabile per la Ferrari, nel lungo termine, ma anche per gli altri brand premium del gruppo, nel breve termine.
Vuol dire che la Ferrari serve soprattutto come immagine per tutto il gruppo e per i brand premium?
Sì, ma vorrei riempire la parola “immagine”, in questo senso: domani chi dovrà acquistare una Maserati o un’Alfa Romeo sul mercato mondiale dovrà sapere che oltre al bagaglio storico/emotivo, che sicuramente si portano dietro questi brand, c’è anche un bagaglio tecnologico, motoristico, e che ovviamente in cima a questo c’è il mondo Ferrari. Questo è fondamentale, ma non significa però integrazione. Significa tuttavia un canale di immagine, competenze, tecnologie, dalla Ferrari verso questi brand, perché è lì che FCA sta giocando nel mondo una partita soprattutto distributiva e di marketing. Deve riuscire a posizionare, di più nei mercati dove già opera ma anche nei nuovi mercati, questi tre brand, Jeep, Maserati e Alfa Romeo. Ora, mentre Jeep contiene dentro di sé un contenuto tecnologico forte e riconosciuto, per Maserati e Alfa Romeo un tale contenuto deve essere creduto, immaginato: avere una liason forte con Ferrari aiuta il compratore a credere nel motore che sta acquistando dentro un cofano Maserati o Alfa Romeo.
Si può dire che fino ad ora l’asset Ferrari è stato sottovalutato nella galassia della vecchia Fiat?
Assolutamente no. Penso che se fosse stato sottovalutato Ferrari sarebbe stato inglobato dentro Fiat tempo fa, come qualcuno, più esperto di largo consumo, anche suggeriva negli anni scorsi, per risolvere in modo un po’ tattico certi problemi di mercato del gruppo Fiat. Assolutamente no. Il fatto di aver preservato Ferrari, di volerla ancora preservare, come integrità, come unicità, credo sia una cosa molto saggia da parte dei vertici FCA.
Montezemolo ha detto che si chiude un ciclo, un’epoca, che lui non era l’uomo giusto per questo riposizionamento. Che ne pensa?
Credo che in questo ci sia una saggezza generale, nel senso che è legittimo che un uomo che per 23 anni ha fatto la storia, ha fatto i successi, possa non sentirsi quello che per i successivi 23, o 13 anni, sarà l’artefice di altrettanti successi. Ma mi lasci anche aggiungere una considerazione più di marketing: nel momento in cui certi risultati non arrivano, e dunque non hai dei fatti di successo da produrre, devi un pochino affidarti alla promessa di questi successi e di questi fatti. Quindi c’è anche un valore simbolico del cambio: si cambia, e quindi sicuramente qualcosa di diverso accadrà. Ora, che fosse più o meno indicato Montezemolo o Marchionne, questo saranno i fatti a dirlo, anche perché non è semplice vincere un campionato di Formula 1, nonostante tutti gli ingredienti siano sul tavolo, come ha ricordato lo stesso Marchionne.
Però il fatto è che negli ultimi dieci anni Montezemolo con la Formula 1 ha vinto un titolo solo.
Sì, e altre volte c’è andato molto vicino. Quello che dobbiamo considerare è che il mondo della Formula 1, che noi osserviamo da vicino perché è un fatto sportivo, e tutto il mondo dell’industria automobilistica, è un mondo in cui ci si muove, ma dove anche gli altri si muovono. Oggi noi abbiamo Mercedes che in Formula 1 domina con un propulsore che dieci anni fa probabilmente nessuno poteva immaginare. Sicuramente anche altri gruppi stanno lavorando per essere competitivi in Formula 1, perché è evidente che oggi tutto il mondo dell’auto si sta polarizzando su brand del lusso, premium, da una parte e brand un pochino più di massa, dall’altra. Quindi l’aspetto sportivo, la credibilità sportiva, motoristica, tecnologica, resta comunque un patrimonio, un ingrediente difficilmente rinunciabile da parte di un grande gruppo.
Infine, sembra che Montezemolo non andrà in pensione. I rumours dicono che andrà in Alitalia. Questo che cosa vuol dire per il mappamondo industriale italiano?
Vuol dire che ci dovrà essere probabilmente anche un cambio nell’ azionariato di NTV, perché è difficile pensare a un azionista del vettore ferroviario che guida il vettore aereo domestico. Credo che questa sia una cosa sulla quale magari, spenti i riflettori sulla vicenda Ferrari, qualcuno comincerà forse a farsi qualche domanda, perché indubbiamente stiamo parlando di due aziende abbastanza in concorrenza tra loro.
Però polemizzando si può dire che nel mondo industriale italiano c’è sempre un paracadute?
Guardi, il paracadute può essere definito tale quando si gioca con la rete sotto; quando si sta sul mercato, senza rete, il paracadute è rappresentato solo dalla propria capacità gestionale e manageriale, e un po’ imprenditoriale. I paracadute del primo tipo durano poco, sono dei contentini. Io credo invece che, se ci deve essere un altro impegno forte per l’avvocato Montezemolo, il mercato glielo riconoscerà, così come gli ha riconosciuto questi 23 anni in Ferrari.
Ma se Montezemolo esprimerà un conflitto d’interessi con un nuovo incarico in Alitalia, avendo anche un piede nel trasporto ferroviario, cosa significherà per un paese come l’Italia, che davanti ha un’enorme necessità di riforme strutturali?
La grossa riforma di cui ha bisogno l’Italia è una riforma culturale, perché senza una riforma culturale una democrazia non può fare nessuna riforma strutturale. Le riforme che oggi in Italia mancano sono quelle che la gente fondamentalmente non vuole, o la maggioranza della gente non vuole, e non le vuole perché non le capisce. Dunque, se dovesse accadere di avere a capo di Alitalia e a capo (o come azionista) di Italo la stessa persona, vorrebbe dire che il sistema della comunicazione questa cosa l’ha tranquillamente digerita. Vuol dire che il Paese ha una cultura che non vede nulla di strano in un fatto del genere. Tutto qua.
Intervista andata in onda il 10 settembre 2014 nel TG della sera di SRF, emittente televisiva svizzera di Zurigo.